Diritto Tributario


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 15164 - pubb. 07/06/2016

Il principio del contraddittorio endoprocedimentale nel processo tributario

Cassazione Sez. Un. Civili, 09 Dicembre 2015, n. 24823. Est. Cappabianca.


Avviso di accertamento - Obbligo di contraddittorio - Violazione - Conseguenze



In materia di tributi "non armonizzati" l'Amministrazione finanziaria ha l'obbligo di attivare con il contribuente il contraddittorio endoprocedimentale in tutti i casi in cui tale obbligo risulti sancito da specifiche norme, pena l'invalidità dell'atto di accertamento; in tema di tributi "armonizzati", invece, qualora venga violato l'obbligo del contraddittorio endoprocedimentale da parte dell'Amministrazione finanziaria, l'atto di accertamento è invalido in ogni caso, trovando diretta applicazione il diritto dell'Unione Europea. (1) (Angelo Ginex) (riproduzione riservata)


Segnalazione di Angelo Ginex, Avvocato – Ginex & Partners Studio Legale Tributario – Dottorando di Ricerca in Diritto Tributario nell'Università LUM Jean Monnet di Casamassima (BA)


Il testo integrale





(1) Il principio del contraddittorio endoprocedimentale nel procedimento tributario, di Angelo Ginex

1. Premessa. - 2. La pronuncia (risolutiva?) delle Sezioni Unite n. 24823/2015. - 3. Il principio del contraddittorio endoprocedimentale nel panorama giurisprudenziale italiano. - 4. La disciplina positiva in materia di contraddittorio preventivo. - 5. Il principio del contraddittorio nell'ordinamento europeo. - 6. Considerazioni conclusive.

 

1. Premessa

Il tema del contraddittorio preventivo nel procedimento di accertamento dei tributi è stato spesso ricondotto all'art. 12, comma 7 della Legge n. 212/2000, che appare indubbiamente come una delle disposizioni dello Statuto dei diritti del contribuente che ha creato maggiori problematiche interpretative.

La principale questione giuridica sollevata dalla norma è quella del suo perimetro applicativo: si tratta, cioè, di principio generale che ha riconosciuto cittadinanza al contraddittorio endoprocedimentale in tutti gli accertamenti tributari o, al contrario, è norma di specie che, come tante altre, ha previsto un'ulteriore forma di partecipazione del contribuente alle verifiche fiscalii?

In altri termini, le garanzie di carattere procedimentale predisposte dall'art. 12, comma 7 della Legge n. 212/2000 si applicano soltanto agli accertamenti emessi in esito ad accessi, ispezioni e verifiche effettuate nei locali ove si esercita l'attività imprenditoriale o professionale del contribuente oppure esse, in quanto espressione di un generalizzato obbligo di contraddittorio nell'ambito del procedimento amministrativo di formazione dell'atto fiscale, eventualmente riferibile a dati normativi aliunde desumibili nell'ordinamento nazionale o in quello dell'Unione Europea, operano pure in relazione agli accertamenti conseguenti ad ogni altro tipo di verifica fiscale?

La Suprema Corte, sin dalle prime pronunce sull'argomento, ha ridimensionato la portata della norma citata, ritenendo che il perimetro applicativo della stessa fosse quello testualmente definito, ovvero che tale disposizione prevedesse un principio di contraddittorio endoprocedimentale circoscritto agli accertamenti conseguenti ad accessi, ispezioni e verifiche nei locali del contribuente.

Sennonché, la Suprema Corte, inaspettatamente, con l'ordinanza di rimessione n. 527 del 14 gennaio 2015, ha riaperto la problematica, rimettendo alle Sezioni Unite la questione del fondamento normativo, nell'ordinamento tributario italiano, del principio generale del contraddittorio endoprocedimentale e della sua concreta portata applicativa, nonché la questione, strettamente connessa, dell'applicabilità dell'art. 12, comma 7 della Legge n. 212/2000 alle verifiche c.d. "a tavolino"ii.

Appare estremamente interessante, quindi, alla luce delle perplessità sollevate dalla ordinanza di rimessione citata e della soluzione cui pervengono le Sezioni Unite nella recentissima pronuncia (risolutiva?) n. 24823/2015, fare il punto della complessa vicenda e cercare di comprendere se effettivamente esiste un principio generale del contraddittorio nel nostro ordinamento tributario e se esso possa in qualche modo essere ricondotto all'art. 12, comma 7 dello Statuto dei diritti del contribuente o ad altra disposizione.

 

2. La pronuncia (risolutiva?) delle Sezioni Unite n. 24823/2015

Differentemente dal diritto dell'Unione Europea, il diritto nazionale, allo stato della legislazione, non pone in capo all'Amministrazione finanziaria che si accinga ad adottare un provvedimento lesivo dei diritti del contribuente, in assenza di specifica prescrizione, un generalizzato obbligo di contraddittorio endoprocedimentale, comportante, in caso di violazione, l'invalidità dell'atto.

Ne consegue che, in tema di tributi "non armonizzati", l'obbligo dell'Amministrazione finanziaria di attivare il contraddittorio endoprocedimentale, pena l'invalidità dell'atto, sussiste esclusivamente in relazione alle ipotesi per le quali siffatto obbligo risulti specificamente sancito.

In tema di tributi "armonizzati", invece, avendo luogo la diretta applicazione del diritto dell'Unione Europea, la violazione dell'obbligo del contraddittorio endoprocedimentale da parte dell'Amministrazione comporta in ogni caso, anche in campo tributario, l'invalidità dell'atto, purché, in giudizio, il contribuente assolva l'onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere, qualora il contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato, e che l'opposizione di dette ragioni si riveli non puramente pretestuosa e tale da configurare, in relazione al canone generale di correttezza e buona fede ed al principio di lealtà processuale, sviamento dello strumento difensivo rispetto alla finalità di corretta tutela dell'interesse sostanziale, per le quali è stato predisposto.

È questo il principio di diritto sancito dalle Sezioni Unite con sentenza del 9 dicembre 2015, n. 24823, che, conformemente al prevalente orientamento della giurisprudenza di legittimitàiii, ha negato l'esistenza, nell'ordinamento nazionale, di un principio generale che impone all'Amministrazione un obbligo circa l'instaurazione del preventivo contraddittorio con il contribuente, spingendosi sino ad affermare che esiste, in realtà, una dicotomia tra il regime del contraddittorio obbligatorio previsto per i tributi armonizzati e quello facoltativo stabilito per i tributi non armonizzati.

Dunque, con la pronuncia indicata, i Giudici di Piazza Cavour, intervenendo sull'annosa questione circa l'esistenza di un obbligo generalizzato di contraddittorio preventivo per tutti gli accertamenti fiscali, compresi quelli c.d. "a tavolino", hanno affermato tout court che non esiste, nell'ordinamento tributario italiano, una norma che sancisca un generalizzato obbligo di contraddittorio endoprocedimentale, da cui deriva, in caso di violazione, l'invalidità dell'atto, in quanto le garanzie procedimentali recate dall'art. 12, comma 7 della Legge 212/2000 opererebbero esclusivamente con riferimento agli accertamenti emessi in esito ad accessi, ispezioni e verifiche effettuate nei locali ove si esercita l'attività imprenditoriale o professionale del contribuente.

Conseguentemente, deve ritenersi - precisano gli Ermellini - che nel campo dei tributi "non armonizzati", alla luce della disciplina nazionale, l'obbligo dell'Amministrazione finanziaria di attivare il contraddittorio endoprocedimentale, pena l'invalidità dell'atto, sussiste esclusivamente in relazione alle ipotesi in cui tale obbligo sia previsto da specifica norma di legge. Al contrario, nel campo dei tributi "armonizzati", alla luce della disciplina europea, l'obbligo del contraddittorio endoprocedimentale assume rilievo generalizzato, sebbene gli effetti debbano essere valutati in termini restrittivamente sostanzialisticiiv.

Inoltre, secondo i supremi Giudici, il superamento della duplicità del regime giuridico dei tributi armonizzati e di quelli non armonizzati, in tema di contraddittorio endoprocedimentale, non può essere realizzato in via interpretativa.

Pur ritenendo ragionevole che l'interpretazione del diritto nazionale incidente su rapporti sottratti all'ambito di operatività del diritto comunitario si ispiri ai principi giuridici enucleati in sede comunitaria su rapporti analoghi rientranti in detto ambito di operatività, essi sostengono che, "ferma restando l'innegabile influenza che il diritto dell'Unione necessariamente dispiega sui paradigmi ermeneutici con i quali viene interpretato il diritto nazionale, altro è la diretta applicazione dei principi del diritto comunitario altro è l'interpretazione del diritto nazionale secondo criteri comunitariamente orientati. E da ciò discende che l'assimilazione in via ermeneutica del trattamento di rapporti sottratti all'operatività del diritto comunitario (tributi "non armonizzati") al trattamento di rapporti analoghi ad esso assoggettati (tributi "armonizzati") è preclusa in presenza di un quadro normativo nazionale univocamente interpretabile nel senso opposto: nella specie, nel senso dell'inesistenza, in campo tributario, di una clausola generale di contraddittorio endoprocedimentale"v.

Tuttavia, la soluzione cui pervengono i Giudici di Piazza Cavour sembra porsi in aperto contrasto, contrariamente a quanto dai medesimi sostenuto nella pronuncia in esame, con il precedente arresto giurisprudenziale delle stesse Sezioni Unitevi, in cui si è affermato, senza mezzi termini e per la prima volta, che esiste nel nostro ordinamento tributario un generalizzato diritto al contraddittorio, cioè il diritto del destinatario del provvedimento ad essere sentito prima dell'emanazione di questo, realizzandosi così l'inalienabile diritto di difesa del cittadino, presidiato dall'art. 24 Cost., e il buon andamento dell'Amministrazione, presidiato dall'art. 97 Cost., cui va data attuazione anche in difetto di una espressa e specifica previsione normativa.

Quanto appena evidenziato, emerge infatti dalla stessa ordinanza di rimessione, nella quale gli Ermellini osservano come, pur in presenza di una pressoché univoca giurisprudenza tributaria di senso contrario, l'arresto giurisprudenziale segnato dalla sentenza n. 19667/14 (e dalla gemella sentenza n. 19668/14) evochi, ancorché decidendo in merito ad atto dotato di spiccata peculiaritàvii, l'esistenza di un principio generale, immanente all'ordinamento anche per derivazione comunitaria, che impone l'osservanza del contraddittorio endoprocedimentale in rapporto a qualsiasi atto dell'Amministrazione finanziaria lesivo dei diritti e degli interessi del contribuente, indipendentemente dal fatto che la necessità del contraddittorio sia specificamente sancita da norma positiva.

Le ragioni di siffatta rimessione vengono infatti individuate nelle perplessità afferenti al merito stesso dell'affermazione, nella rilevata accentuata peculiarità del tema affrontato dalla Suprema Corte nelle sentenze nn. 19667 e 19668 del 2014, che inducono a qualche incertezza nell'identificazione della reale portata del principio di diritto da esse enucleabile, nonché nella considerazione che l'affermazione, secondo cui l'Amministrazione che adotti un provvedimento lesivo dei diritti e degli interessi del contribuente è assoggettata ad un obbligo di attivazione del contraddittorio endoprocedimentale di carattere generale, richiederebbe, in ogni caso, per le ipotesi prive di esplicita previsione, che si definissero le concrete modalità di esplicazione del contraddittorio e la puntualizzazione degli effetti della relativa eventuale inosservanza.

Non vi è alcun dubbio, quindi, alla luce della recentissima pronuncia delle Sezioni Unite, della indicata ordinanza di rimessione e dei precedenti arresti giurisprudenziali intervenuti in materia, che la questione affrontata e l'ultima soluzione adottata dalle Sezioni Unite assumano notevole importanza per tutti gli operatori del diritto e, pertanto, seppur consapevoli che la problematica in esame meriterebbe ben più ampie riflessioni, proviamo comunque a fare il punto dello stato degli atti, al fine di fare chiarezza e rispondere ai seguenti interrogativi:

- esiste, nell'ordinamento tributario nazionale, un generalizzato obbligo di contraddittorio endoprocedimentale?

- qual è la sfera di operatività delle garanzie prescritte dall'art. 12 dello Statuto dei diritti del contribuente?

- se non esiste, nell'ordinamento tributario nazionale, un generalizzato obbligo di contraddittorio endoprocedimentale, quali potrebbero essere le possibili soluzioni?

 

 3. Il principio del contraddittorio endoprocedimentale nel panorama giurisprudenziale italiano

La giurisprudenza di legittimità ha ritenuto pressoché univocamente che non esiste nel nostro ordinamento tributario un generalizzato obbligo di contraddittorio endoprocedimentale e che il perimetro applicativo dell'art. 12 della Legge n. 212/2000 è quello testualmente definito, ovvero l'ambito di applicazione della norma citata è circoscritto, secondo testuale indicazione, agli accertamenti conseguenti ad accessi, ispezioni e verifiche nei locali del contribuente, non offrendo l'ordinamento tributario spunti positivi di sorta per postulare l'esistenza di una clausola generale di contraddittorio endoprocedimentaleviii.

Secondo le Sezioni Unite, l'unica decisione dissonante sembrerebbe essere la sentenza della Cassazione n. 2594/14, l'analisi della cui motivazione insinua, tuttavia, il dubbio di un qualche fraintendimento in merito alla specifica accezione dei termini accessi e verifiche. Diversamente da quanto sembra ipotizzare l'ordinanza di rimessione - proseguono gli Ermellini - "anteriormente alla pronunzia delle decisioni Cass. SS.UU. 19667/14 e 19668/14, non vi è stata alcuna pronuncia anche soltanto vagamente distonica rispetto all'orientamento sopra riportato"ix.

Invero, da una lettura più attenta, sembrerebbe che l'indicata pronuncia n. 2594/14 perviene all'affermazione della necessità di siffatto contraddittorio in relazione ai c.d. "accertamenti standardizzati" non sul presupposto della vigenza nel nostro ordinamento tributario di un generalizzato obbligo di contraddittorio endoprocedimentale, bensì in considerazione delle specifiche caratteristiche ontologiche e normative di detti accertamenti.

La prima significativa distonia rispetto al pressoché univoco orientamento sopra evidenziato sul tema del contraddittorio endoprocedimentale è, invece, costituita proprio dalle sentenze delle Sezioni Unite nn. 19667 e 19668 del 2014, i cui contenuti motivazionali tendono effettivamente, così come rilevato nell'ordinanza di rimessione, al riconoscimento di una generalizzata espansione di detta garanzia, quale espressione di principio indefettibile ed immanente all'ordinamento nazionale ed a quello europeo.

In particolare, le Sezioni Unite, con sentenza del 18 settembre 2014, n. 19667, affermavano la generalizzata applicazione del principio del contraddittorio endoprocedimentale ogni qual volta debba essere adottato un provvedimento lesivo dei diritti e degli interessi patrimoniali del contribuente e ciò a prescindere dalla esistenza di una specifica norma.

A supporto di ciò, gli Ermellini operavano un triplice richiamo normativo:

- all'art. 7 della Legge n. 241/1990 e, segnatamente, all'obbligo della comunicazione dell'avvio del procedimento ai soggetti nei cui confronti il provvedimento finale è destinato a produrre effetti, correlando tale obbligo all'art. 97 Cost.;

- allo Statuto dei diritti del contribuente;

- ai principi fondamentali del diritto dell'Unione Europea.

Il riferimento all'art. 7 della Legge n. 241/1990 - precisavano le Sezioni Unite - non può essere posto nel dubbio dalla circostanza che l'art. 13, comma 2, della stessa legge "escluda i procedimenti tributari dall'applicazione degli istituti partecipativi previsti dall'art. 7", in quanto "non si tratta di una esclusione tout court dei predetti istituti, bensì solo di un rinvio per la concreta regolamentazione dei medesimi alle norme speciali che disciplinano il procedimento tributario".

In altri termini, i Giudici di Piazza Cavour ritenevano che, secondo il più recente e condivisibile orientamento della moderna dottrinax, l'istituto della partecipazione del contribuente non fosse incompatibile con il procedimento tributario. Tuttavia, esso opererebbe "non secondo i modelli della legge n. 241 del 1990", ma "secondo gli schemi dello Statuto del contribuente", poiché la Legge n. 241/1990 non esclude i procedimenti tributari dagli istituti partecipativi, ma rinvia alle norme speciali che regolano la materia tributaria e, fra queste, vi è certamente lo Statuto.

Sennonché, nell'ultima sentenza n. 24823/2015, le Sezioni Unite, ribaltando quanto precedentemente affermato, hanno affermato tout court che "la particolare specificità della questione devoluta alle pronunzie in rassegna e gli sviluppi argomentativi su di essa più propriamente incentrati, pure puntualmente riscontrati dall'ordinanza di rimessione, inducono a ritenere che il suddetto riconoscimento resti fuori dall'ambito del principio di diritto propriamente enucleabile dalle pronunzie medesime, in quanto strettamente riferibile al relativo concreto decisum"xi.

In altri termini, le decisioni nn. 19667 e 19668 del 2014 avrebbero affrontato il tema del contraddittorio preventivo con specifico riguardo ad una fattispecie particolare (ovvero, le iscrizioni ipotecarie ex art. 77 D.P.R. 602/1973) e, quindi, in relazione ad atti per i quali, a differenza di quanto avviene per gli accertamenti, pur se adottati a tavolino, la comunicazione all'interessato non è normativamente prescritta in termini espliciti nemmeno dopo l'adozione e, quindi, il tema dell'assenza di contraddittorio si pone, non solo e non tanto, nell'ambito endoprocedimentale dell'iter amministrativo di formazione, quanto e soprattutto nella successiva fase di perfezionamento dell'atto.

Successivamente alle pronunce sopra analizzate, si segnalano soltanto le sentenze nn. 25759/14 e 406/15, con cui la Suprema Corte ha affermato che, in tema di imposte dirette, l'obbligo del contraddittorio, sancito per gli accertamenti fondati su ipotesi di abuso di diritto ivi nominativamente contemplate dall'art. 37-bis, comma 4 del D.P.R. 600/1973, deve ritenersi operante anche in relazione agli accertamenti basati su fattispecie atipiche di abuso del diritto.

Ciò, sulla base della considerazione per la quale le indicate ipotesi di abuso del diritto non si distinguono morfologicamente dai corrispondenti abusi di diritto di natura comunitaria, sicché un diverso trattamento in tema di contraddittorio risulterebbe razionalmente intollerabile, alla luce dei principi costituzionali e della disciplina del contraddittorio in ambito comunitario.

In materia di IVA e, quindi, di tributo "armonizzato", altre pronuncexii hanno ritenuto invece operante, come vedremo meglio nei prossimi paragrafi, la garanzia del contraddittorio endoprocedimentale, quale principio immanente nell'ordinamento europeo, ma nell'accezione sostanzialisticamente restrittiva, di cui alla più recente giurisprudenza della Corte di giustizia.

 

4. La disciplina positiva in materia di contraddittorio preventivo

Dopo aver delineato il quadro giurisprudenziale di riferimento, si procede all'analisi della disciplina positiva, poiché ad essa soltanto deve necessariamente far capo l'attività dell'interprete, al fine di verificare se:

a) la disposizione di cui all'art. 12, comma 7 della Legge 212/2000 possa essere interpretata nel senso della previsione di un obbligo di contraddittorio endoprocedimentale generalizzato;

b) tale obbligo possa desumersi da altre disposizioni dell'ordinamento nazionale o direttamente da norme costituzionali;

c) tale obbligo scaturisca da norme dell'ordinamento europeo;

d) laddove si giunga alla conclusione che esiste un obbligo di contraddittorio endoprocedimentale generalizzato e che esso deriva da fonte diversa dalla previsione dell'art. 12 citato, quali siano le modalità di relativa attuazione e le conseguenze della sua violazione.

Procedendo secondo l'iter sopra descritto, emerge innanzitutto, a sommesso parere di chi scrive, che la disposizione contenuta nell'art. 12, comma 7 della Legge n. 212/2000 non possa considerarsi, in alcun modo, fonte di un generalizzato obbligo di contraddittorio endoprocedimentale a carico dell'Amministrazione finanziaria, a meno che non si abbandoni una interpretazione rigorosamente letterale del dato normativo.

Infatti, nel senso indicato militano univocamente sia il dato testuale della rubrica "Diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali", sia, soprattutto, quello del primo comma dell'art. 12 citato, che si riferisce esplicitamente agli "accessi, ispezioni e verifiche fiscali nei locali destinati all'esercizio di attività commerciali, industriali, agricole, artistiche o professionali".

Appare agevole, quindi, constatare che le garanzie procedimentali sancite dalla norma citata debbano trovare applicazione esclusivamente in relazione agli accertamenti conseguenti ad accessi, ispezioni e verifiche effettuate nei locali ove si esercita l'attività imprenditoriale o professionale del contribuente; ciò, peraltro, indipendentemente dal fatto che l'operazione abbia o non comportato la constatazione di violazioni fiscalixiii.

Le medesime Sezioni Unite affermano nella sentenza n. 24823/2015 che, "si è, dunque, in presenza di una situazione, in cui il ravvisare nella disposizione in rassegna la fonte di un generalizzato diritto del contribuente al contraddittorio fin dalla fase di formazione della pretesa fiscale comporterebbe un'inammissibile interpretazione abrogans di parte qualificante del dato normativo"xiv.

Ciò, sulla base di due fondamentali ordini di ragioni:

- in primis, quelle individuate dall'art. 12 della Legge n. 212/2000 rappresentano delle categorie di intervento accertativo dell'Amministrazione finanziaria tipizzate ed inequivocabilmente identificabili;

- in secundis, non irragionevole proiezione teleologica del riportato dato testuale è riscontrabile nella peculiarità stessa di tali verifiche, in quanto caratterizzate dalla autoritativa intromissione dell'Amministrazione nei luoghi di pertinenza del contribuente alla ricerca di elementi valutativi a lui sfavorevoli, che giustifica, quale controbilanciamento, il contraddittorio, al fine di correggere, adeguare e chiarire, nell'interesse del contribuente e della stessa Amministrazione, gli elementi acquisiti presso i locali aziendali.

Proseguendo nella indagine prospettata alla ricerca di altre disposizioni del nostro ordinamento nazionale diverse da quella di cui all'art. 12 citato o di norme costituzionali, dalle quali desumere l'esistenza di un generalizzato obbligo di contraddittorio preventivo, si ritiene altrettanto sommessamente di poter evidenziare la mancanza di una siffatta disposizione.

Indubbiamente, non deve trarre in inganno la Legge n. 241/1990, che, nel regolare la partecipazione al procedimento amministrativo, contempla l'obbligo dell'Amministrazione di comunicare agli interessati l'avvio del procedimento, al fine di consentirne l'interlocuzione prima dell'adozione del definitivo provvedimento amministrativo, ma con la espressa esclusione dalla disciplina partecipativa dei "procedimenti tributari per i quali restano parimenti ferme le particolari norme che li regolano".

A ciò si aggiunga, ancora una volta, che se, da un lato, non si rinviene, nell'ordinamento tributario nazionale, alcuna disposizione espressa che sancisca un generalizzato obbligo di contraddittorio endoprocedimentale, dall'altro, si rinvengono una pluralità di disposizioni che prescrivono tale contraddittorio a condizioni e con modalità ed effetti differenti, in rapporto a singole ben specifiche ipotesi.

Basti pensare, ad esempio, agli artt. 3, comma 185, Legge 549/95 e 10, comma 3-bis, Legge 146/98 in tema di accertamenti standardizzati, agli artt. 36-bis, comma 3, D.P.R. 600/73 e 54-bis, comma 3, D.P.R. 633/72, nonché 6, comma 5, Legge 212/00 in tema di liquidazioni delle imposte in base alla dichiarazione, all'art. 36-ter, comma 4, D.P.R. 600/73 in tema di controllo formale delle dichiarazioni, all'art. 38, comma 7, D.P.R. 600/73 in tema di recupero a tassazione di deduzioni di costi relativi ad operazioni intercorse con imprese aventi sede in Paesi Black list, all'art. 10-bis, comma 6, Legge 212/00 in tema di accertamenti in materia di imposte dirette fondati su ipotesi di abuso del diritto, all'art. 11, comma 4-bis, D.Lgs. 374/90 in materia doganale, oltre allo stesso art. 12, comma 7, Legge 212/00 in tema di accertamento conseguente a verifiche fiscali effettuate presso i locali del contribuente.

L'indagine in merito alla verifica dell'esistenza di un generalizzato obbligo dell'Amministrazione finanziaria di attivare il contraddittorio endoprocedimentale in campo tributario, seppur condotta senza alcuna pretesa di esaustività, consente quindi di poter ritenere, con un certo grado di certezza, che non esiste una disposizione recante un siffatto obbligo nel nostro ordinamento; né tale indagine sembra condurre ad esiti differenti laddove si procedesse ad un esame degli artt. 24 e 97 della Costituzione.

Invero, come rilevato dalle Sezioni Unite, le garanzie di cui all'art. 24 della Costituzione attengono testualmente all'ambito giudiziale, così come quella di difesa di cui al comma 2, sia per collocazione sistematica, sia per l'esplicito riferimento al procedimento in ogni suo "stato e grado". Non diversamente, l'art. 97 della Costituzione non reca, in alcuna delle sue articolazioni, il benché minimo indice rivelatore dell'indefettibilità del contraddittorio endoprocedimentale.

Sulla base della indagine sin qui condotta, appare dunque evidente come, allo stato degli atti, possa agevolmente ritenersi che non esiste nel nostro ordinamento nazionale e nella Costituzione un generalizzato obbligo di contraddittorio endoprocedimentale; né, tantomeno, un principio generale, per il quale, anche in assenza di specifica disposizione, l'Amministrazione finanziaria sarebbe tenuta ad attivare il contraddittorio endoprocedimentale ogni volta che debba essere adottato un provvedimento lesivo dei diritti e degli interessi del contribuente.

 

5. Il principio del contraddittorio nell'ordinamento europeo

In ambito comunitario, non vi è alcun dubbio invece che l'ordinamento abbia adottato in tema di contraddittorio endoprocedimentale in materia tributaria una impostazione completamente differente da quella esistente nel nostro ordinamento nazionale.

Dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia emerge chiarissimamente come il rispetto del principio del contraddittorio nell'ambito del procedimento amministrativo, non escluso quello tributario, costituisca, quale esplicazione del diritto alla difesa, un principio fondamentale dell'ordinamento europeo.

Tale principio trova applicazione ogni volta che l'Amministrazione finanziaria si proponga di adottare nei confronti di un soggetto un atto impositivo ad esso lesivo, sicché il destinatario di tal atto deve, pena la caducazione del provvedimento medesimo, essere messo preventivamente in condizione di manifestare utilmente il suo punto di vista in ordine agli elementi sui quali l'Amministrazione intende fondare la propria decisionexv.

Il principio in parola è attualmente codificato nell'art. 41 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea, che, nel garantire il diritto ad una buona amministrazione, sancisce, per l'appunto, "il diritto di ogni persona ad essere ascoltata prima che nei suoi confronti venga adottato un provvedimento individuale che le rechi pregiudizio".

Tuttavia, occorre subito precisare che il principio dell'obbligatorietà del contraddittorio endoprocedimentale non è assunto dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia in termini assoluti e puramente formali, posto che anche i diritti fondamentali, come dalla stessa affermato, non danno vita a prerogative incondizionate, potendo soggiacere a restrizioni, che, rispondano, con criterio di effettività e proporzionalità, ad obiettivi di interesse generale.

Sul punto, è stato infatti precisato, con specifico riferimento al procedimento tributario, che "l'Amministrazione, quando procede alla raccolta di informazioni, non è tenuta ad informarne il contribuente, né a conoscere il suo punto di vista", da ciò derivandone che l'obbligo del contraddittorio non investe l'attività di indagine e di acquisizione di elementi probatori anche testimoniali svolta dall'Amministrazione fiscalexvi.

Ripudiando una lettura meramente formalistica del principio in parola, è stato altresì riconosciuto che la possibilità di essere successivamente ascoltati, in seguito ad impugnazione di un provvedimento sfavorevole, può essere idonea a garantire il rispetto del diritto ad essere sentiti, seppur alla condizione che la normativa nazionale consenta all'interessato non previamente sentito di ottenere in via automatica la sospensione dell'esecuzione del provvedimento fino alla sua eventuale riformaxvii.

È stato, infine, affermato che, avendo il giudice nazionale, in ogni caso, l'obbligo di garantire la piena effettività del diritto dell'Unione, il riscontro di una violazione dei diritti di difesa, in particolare del diritto ad essere sentiti prima dell'adozione di un provvedimento lesivo, determina l'annullamento dell'atto adottato al termine del procedimento amministrativo soltanto se, in mancanza di tale irregolarità, detto procedimento avrebbe potuto comportare un risultato diverso.

Le Sezioni Unite, nella indicata pronuncia n. 24823/2015, recependo l'orientamento comunitario sopra descritto, hanno rilevato che, sul tema in rassegna, non vi è coincidenza tra la disciplina europea e quella nazionale e, ben consapevoli delle possibili censure di illegittimità costituzionale derivanti da una siffatta affermazione, hanno precisato che il superamento della duplicità del regime giuridico dei tributi armonizzati e di quelli non armonizzati non può essere realizzato in via interpretativa.

Pertanto, pur ritenendo ragionevole che l'interpretazione del diritto nazionale incidente su rapporti sottratti all'ambito di operatività del diritto comunitario si ispiri ai principi giuridici enucleati in sede comunitaria su rapporti analoghi rientranti in detto ambito di operatività, i supremi Giudici hanno affermato che, "ferma restando l'innegabile influenza che il diritto dell'Unione necessariamente dispiega sui paradigmi ermeneutici con i quali viene interpretato il diritto nazionale, altro è la diretta applicazione dei principi del diritto comunitario altro è l'interpretazione del diritto nazionale secondo criteri comunitariamente orientati. E da ciò discende che l'assimilazione in via ermeneutica del trattamento di rapporti sottratti all'operatività del diritto comunitario (tributi "non armonizzati") al trattamento di rapporti analoghi ad esso assoggettati (tributi "armonizzati") è preclusa in presenza di un quadro normativo nazionale univocamente interpretabile nel senso opposto: nella specie, nel senso dell'inesistenza, in campo tributario, di una clausola generale di contraddittorio endoprocedimentale"xviii.

 

6. Considerazioni conclusive

Come evidenziato nell'ambito del presente contributo, la pronuncia delle Sezioni Unite n. 24823/2015 ha sancito l'inesistenza, nel nostro ordinamento nazionale, di un generalizzato obbligo di contraddittorio endoprocedimentale in campo tributario, con la conseguenza che le garanzie procedimentali recate dall'art. 12, comma 7 della Legge n. 212/2000 operano esclusivamente con riferimento agli accertamenti emessi in esito ad accessi, ispezioni e verifiche effettuate nei locali ove si esercita l'attività imprenditoriale o professionale del contribuente.

Inoltre, nella sentenza indicata, i supremi Giudici affermano che esiste una dicotomia tra il regime obbligatorio del contraddittorio endoprocedimentale previsto per l'accertamento dei tributi "armonizzati" (quali, ad esempio, l'IVA e le imposte doganali) e quello facoltativo stabilito per i tributi "non armonizzati", segnalando, al tempo stesso, la necessità che il Legislatore intervenga a restituire sistematicità e coerenza al sistemaxix.

Il Legislatore delegato, pur avendone avuta la possibilità, ha preferito tuttavia rinunciare a dare attuazione alla previsione contenuta nella legge delega, che imponeva di provvedere in tal senso, evitando di intervenire in una materia così tormentata, con riferimento alla quale la pronuncia citata "risponde solo in parte ad alcuni interrogativi e, forse, ne introduce di ulteriori, stigmatizzando le molte aporie e incertezze della disciplina in materia"xx.

Ciò posto, alla luce della indagine poc'anzi condotta, seppur consapevole che la stessa meriterebbe ben più ampie riflessioni, ritengo sommessamente che non vi sia alcun dubbio che il risultato cui pervengono i Giudici di Piazza Cavour (quello dell'affermazione della inesistenza di un principio generale del contraddittorio endoprocedimentale nell'accertamento tributario) sia pienamente condivisibile, perché supportato da ampie e pregevoli argomentazioni giuridichexxi.

D'altronde, anche numerosa ed autorevole dottrina ha espresso diverse perplessità in merito alla possibilità di individuare un principio generale che sancisca pienamente il diritto di partecipazione del contribuente al procedimento di accertamento dei tributi e alla possibilità che la violazione del contraddittorio endoprocedimentale in campo tributario possa avere conseguenze invalidanti sull'atto di accertamentoxxii.

Tuttavia, a sommesso parere di chi scrive, ciò che non è affatto condivisibile è la previsione di un regime differente per le verifiche c.d. "a tavolino" rispetto a quelle in situ, nonché l'affermazione dell'esistenza di una dicotomia tra il regime del contraddittorio obbligatorio previsto per i tributi armonizzati e quello facoltativo stabilito per i tributi non armonizzati, poiché, in tal modo, si ammette una ingiustificata disparità di trattamento in relazione alle diverse modalità di accertamento, che dimostra uno stato dell'arte alquanto paradossale, facendo emergere "la necessità di provvedere con urgenza ad una vera riforma del sistema che restituisca all'ordinamento tributario principi chiari ed in grado di rappresentare dei sicuri punti di riferimento per gli operatori del settore"xxiii.

Inoltre, la soluzione cui pervengono le Sezioni Unite non incoraggia affatto l'Amministrazione finanziaria a proseguire il percorso, intrapreso negli ultimi anni e diretto a favorire l'instaurazione del contraddittorio, attesa la sua importanza ai fini di una più efficace e proficua attività di controllo e di accertamento ai fini fiscali.

Non bisogna dimenticare che il principio del contraddittorio risponde ad un preciso interesse non solo del contribuente, ma anche della stessa Amministrazione finanziaria, che ha un concreto interesse al ripristino della legalità in attuazione dei principi di imparzialità e buon andamento di cui all'art. 97 Cost.

Invero, il contraddittorio assolve ad una triplice funzione di:

- garanzia del contribuente, che viene coinvolto in fase preventiva nell'analisi dei dati raccolti, al fine di fornire le giustificazioni del caso;

- legalità del procedimento amministrativo, nel quale il contribuente è sempre più partecipe, con la conseguenza di una maggiore sostenibilità della pretesa tributaria qualora sia sottoposta al sindacato giurisdizionale;

- ricerca della giusta imposta, che, se condivisa, consente al contribuente di fruire della riduzione delle sanzioni tributarie previste dalle diverse leggi d'imposta ed all'erario di incassare in tempi celeri.

Dunque, come da taluni sostenuto, "appare evidente che un contraddittorio proficuo è sempre il frutto non solo di un dialogo sereno, ma anche di un'adeguata rappresentazione tecnica degli elementi di supporto di una tesi piuttosto che di un'altra. All'esigenza di presentare una memoria e documentare le giustificazioni addotte fa da contraltare la necessità di un'adeguata motivazione da parte dell'erario delle ragioni per le quali si ritiene accoglibile, o meno, una deduzione del contribuente"xxiv.

Tra l'altro, non vi è dubbio che si sia venuta a creare una profonda contraddizione con gli importanti interventi normativi recentemente adottati con l'obiettivo di agevolare la partecipazione del contribuente al procedimento di accertamento dei tributi e, quindi, la comunicazione tra il contribuente e l'Amministrazione finanziaria in un'ottica di leale e reciproca collaborazione. Si pensi, ad esempio, alla nuova disciplina del ravvedimento operoso e alla revisione e all'ampliamento delle varie forme di interpello e di cooperative compliance.

Quanto sopra evidenziato è stato condiviso dalla Commissione Tributaria Regionale di Firenzexxv, che ha rimesso alla Consulta la questione di legittimità costituzionale dell'art. 12, comma 7 della Legge n. 212/2000, nella parte in cui riconosce al contribuente il diritto a ricevere il verbale e a formulare preventive osservazioni solo nel caso di accessi, ispezioni e verifiche presso il luogo ove si svolge l'attività del medesimo.

D'altronde, per quale ragione debbano essere privilegiate alcune tipologie di accertamento e di imposta a discapito di altre? Non sarebbe forse legittimo, oltre che maggiormente rispondente ad una visione costituzionalmente ispirata, prevedere che ogni qual volta, e per qualsiasi tipologia di accertamento e di imposta, l'Amministrazione si proponga di adottare nei confronti del contribuente un atto per esso lesivo, questi debba essere messo in condizione di manifestare utilmente il suo punto di vista in merito agli elementi sui quali l'Amministrazione intende fondare la sua decisione?

Bisognerà attendere, dunque, la pronuncia della Corte Costituzionale per comprendere cosa accadrà in questa materia così tormentata, auspicando comunque un intervento normativo da parte del Legislatore, in modo da porre fine all'annosa questione che qui ci ha occupato, "con buona pace, una volta tanto, dei diritti fondamentali"xxvi, affinché il principio del contraddittorio, per qualsiasi tipologia di accertamento e di imposta, da mera opportunità di dialogo preventivo assurga al rango di adempimento propedeutico.

 

i A. Marcheselli, "Le violazioni del contraddittorio e l'invalidità degli atti tributari", in Consenso, equità e imparzialità nello Statuto del contribuente. Studi in onore del prof. Gianni Marongiu, a cura di A. Bodrito, A. Contrino e A. Marcheselli, Torino, 2012, pg. 420.

ii A. Renda, "Le Sezioni Unite chiamate a risolvere i contrasti ermeneutici sugli effetti del mancato contraddittorio", in Corriere Tributario, 2015, pg. 701 ss.; A. Perrone, "L'art. 12 dello statuto ed il contraddittorio endoprocedimentale: una questione ancora aperta", in Diritto e processo tributario 2/2015 / Saggi.

iii Cfr., ex multis Cass. sentenze nn. 21391/14, 15583/14, 13588/14, 7598/14, 25515/132360/13, 446/13, 16354/12 e 26316/10.

iv A. Borgoglio, "Niente obbligo di contraddittorio per i controlli a tavolino", in Il fisco n. 2 del 2016, pg. 1-184; G. Ferranti, "Cassazione e legislatore in corto circuito sull'obbligo del contraddittorio", in "Il Fisco" n. 2 del 2016, pag. 1-107.

v SS.UU., sentenza 9 dicembre 2015, n. 24823.

vi SS.UU, sentenza 18 settembre 2014, n. 19667.

vii Si ricorda che la fattispecie concreta su cui le Sezioni Unite sono state chiamate a pronunciarsi riguardava una comunicazione di iscrizione ipotecaria non preceduta da avviso.

viii Corte di Cassazione, sentenze nn. 21391/14, 15583/14, 13588/14, 7598/14, 25515/132360/13, 446/13, 16354/12 e 26316/10.

ix SS.UU., sentenza 9 dicembre 2015, n. 24823.

x P. Selicato, "Scambio di informazioni, contraddittorio e Statuto del contribuente", in Consenso, equità e imparzialità nello Statuto del contribuente. Studi in onore del prof. Gianni Marongiu, a cura di A. Bodrito, A. Contrino e A. Marcheselli, Torino, 2012, pg. 451.

xi SS.UU., sentenza 9 dicembre 2015, n. 24823.

xii Cass., sentenze nn. 16036/15, 6232/15; 5632/15, 992/15 e 961/15.

xiii Cass., sentenze nn. 15010/14, 9424/14, 5374/14, 2593/14, 20770/13 e 10381/11.

xiv SS.UU., sentenza 9 dicembre 2015, n. 24823.

xv Corte di Giustizia, sentenze: 3.7.2014, in cause C-129 e C-130/13, Kamino International Logistics; 22.10.2013, in causa C-276/12, Jirì Sabou; 18.12.2008, in causa C-349/07, Sopropé; 12.12.2002, in causa C-395/00, Soc. Distillerie Cipriani; 21.09.2000, in causa C-462/98, P. Mediocurso c. Commissione; 4.10.1996, in causa C-32/95, c. Lisrestat.

xvi Corte di Giustizia, sentenza 22.10.2013, in causa C-276/12, Jirì Sabou.

xvii Corte di Giustizia, sentenze: 3.7.2014, in cause C-129 e C-130/13, Kamino International Logistics; 26.09.2013, in causa C-418/11, Texdata Software.

xviii SS.UU., sentenza 9 dicembre 2015, n. 24823.

xix G. Ferranti, "Cassazione e legislatore in corto circuito sull'obbligo del contraddittorio", in "Il Fisco" n. 2 del 2016, pag. 1-107.

xx A. Marcheselli, "Troppe asimmetrie legali sul contraddittorio: le SS.UU. invocano l'intervento del legislatore", in IPSOA Quotidiano del 10 dicembre 2015.

xxi Di opinione contraria, A. Perrone, op. cit., pg. 336, il quale ritiene che un'interpretazione sistematica delle norme della Legge n. 212/2000, unitamente al tentativo di superare il rigore letterale delle stesse, consente di ritenere che il principio del contraddittorio endoprocedimentale è immanente al nostro ordinamento giuridico.

xxii A. Fantozzi, "Le violazioni del contraddittorio e l'invalidità degli atti tributari", in Consenso, equità e imparzialità nello Statuto del contribuente. Studi in onore del prof. Gianni Marongiu, cit.; F. Gallo, "Contraddittorio endoprocedimentale e attività istruttoria", in AA.VV., La concentrazione della riscossione nell'accertamento, Milano, 2011, pg. 212.

xxiii G. Ferranti, "Cassazione e legislatore in corto circuito sull'obbligo del contraddittorio", in "Il Fisco" n. 2 del 2016, pag. 1-107; A. Borgoglio, "Sezioni Unite senza sforzi interpretativi sul contraddittorio", in Eutekne.info, 8 febbraio 2016.

xxiv M. Conigliaro, "Sempre obbligatorio il contraddittorio preventivo?", in Il fisco n. 21 del 2015, pg. 1-2028.

xxv La CTR di Firenze ha rinviato la questione alla Corte Costituzionale con ordinanza emessa a seguito di udienza tenutasi il 21 dicembre 2015; A. Cissello, "Alla Consulta il contraddittorio a macchia di leopardo", in Eutekne.info, 20 gennaio 2016.

xxvi A. Marcheselli, "Troppe asimmetrie legali sul contraddittorio: le SS.UU. invocano l'intervento del legislatore", in IPSOA Quotidiano, 10 dicembre 2015.


Testo Integrale