Crisi d'Impresa e Insolvenza


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 29802 - pubb. 28/09/2023

Il Tribunale di Torino nega il concordato minore all’imprenditore individuale cancellato

Tribunale Torino, 24 Luglio 2023. Pres. Nosengo. Est. Pittaluga.


Concordato Minore – Imprenditore individuale cancellato da Registro Imprese – Inammissibilità



È inammissibile la proposta di concordato minore formulata dall’imprenditore individuale cancellato dal registro delle imprese, ai sensi dell’art. 33, comma 4, CCII, che non opera alcuna distinzione tra imprenditore individuale o collettivo. (Astorre Mancini) (Riproduzione riservata)



Nota di Astorre Mancini
Fattispecie relativa alla richiesta di un debitore titolare di ditta individuale cancellata, attinto da istanza di liquidazione controllata da parte di un creditore, avente ad oggetto la concessione del termine ex art. 271 CCII per presentare una proposta di concordato minore, ritenuta inammissibile dal tribunale, appunto, per intervenuta cancellazione della ditta individuale.
La disposizione dell’art. 33, ult. co., CCI, relativa all’imprenditore cancellato dal registro delle imprese, ha animato il confronto, in dottrina ed in giurisprudenza, fin dall’avvio del Codice; il legislatore ha esteso la sanzione di inammissibilità, prima prevista solo per il concordato preventivo e l’accordo di ristrutturazione dei debiti, anche al concordato minore, stabilendo, appunto, che l'imprenditore cancellato dal registro delle imprese non vi può accedere, a prescindere dal decorso o meno dell’anno dalla cancellazione. La ratio può essere rinvenuta nel favore accordato dal legislatore alla continuità aziendale e professionale che permea le procedure negoziali concordatarie, esclusa in radice dalla cancellazione dal registro delle imprese. La norma pone, tuttavia, difficoltà all’interprete con riferimento all’imprenditore individuale. Non è infrequente, infatti, la fattispecie dell’imprenditore individuale non assoggettabile a liquidazione giudiziale cancellatosi dal registro, malgrado la presenza di residui debiti derivanti dalla pregressa attività d’impresa esercitata, come nel caso deciso dal tribunale torinese: è chiaro che, diversamente dalla persona giuridica, la cancellazione dal registro non determina l’estinzione del soggetto, tuttavia la norma non sembra lasciare spazio all’imprenditore persona fisica cessato - fatta salva la vis attractiva della procedura familiare ex art. 66 CCII, per cui l’imprenditore cessato (persona fisica) potrebbe accedere al concordato minore, in presenza di tutte le condizioni poste dalla norma -, anche solo per un concordato minore liquidatorio con risorse esterne, ammesso dall’art. 74, comma 2, CCI quando non è prevista la prosecuzione dell’attività imprenditoriale o professionale.
La residua debitoria d’impresa, al contempo, dovrebbe precludergli l’accesso alla ristrutturazione dei debiti ex art. 67 CCII, consentito al solo consumatore, non essendo i debiti di natura consumeristica, per cui l’unica procedura praticabile (per definire anche i debiti d’impresa o professionali) sarebbe la liquidazione controllata, tramite la quale l’imprenditore potrà definire tutti i debiti maturati, d’impresa e non, al costo gravoso rappresentato dal coinvolgimento, nella procedura, della totalità dei propri beni.
Il risultato concreto, che impedisce al debitore persona fisica di pervenire all’esdebitazione, crea una criticità di ordine sistematico: aver svolto un’attività d’impresa o professionale ormai cessata, ma con una residua debitoria derivante da detta attività, non dovrebbe impedire sine die una soluzione negoziale del proprio stato di crisi, quantomeno mediante l’accesso al concordato minore di tipo liquidatorio; a maggior ragione, ove si consideri che l’apertura della liquidazione controllata a carico della persona fisica, ai sensi dell’art. 268, comma 2, CCI, può essere chiesta da un creditore e la legge accorda al debitore il diritto di ‘sterilizzare’ tale iniziativa mediante l’accesso a una procedura negoziale di soluzione della crisi da sovraindebitamento (art. 271 CCI), che, nel caso dell’imprenditore individuale cessato, sarebbe impedito.
Una prima dottrina ha, dunque, ipotizzato il riferimento della previsione normativa al solo imprenditore collettivo, sopra o sotto soglia, e non anche all’imprenditore individuale, sul presupposto implicito che la cancellazione dell’ente dal registro delle imprese determina la sua definitiva estinzione ex art. 2495 c.c., fattispecie del tutto diversa, ovviamente, dall’imprenditore individuale che sopravvive alla cessazione della ditta (A.MANCINI, Sovraindebitamento: dall’accordo ex art. 3/2012 al concordato minore, www.ilcaso.it, agosto 2022); diversamente, si è osservato, dovrebbe concludersi che “nell’impianto del nuovo Codice la permanenza dell’iscrizione nel Registro Imprese risulterebbe una condizione imprescindibile per l’accesso (anche) al concordato minore” (PELLECCHIA – MODICA, La riforma del sovraindebitamento nel CCII, Pacini Editore, 2020, pag.57).
In giurisprudenza, nel senso di ritenere ammissibile il concordato minore per l’imprenditore individuale cancellato dal registro delle imprese, si è pronunciato Trib. Napoli Nord 3.1.2023; Trib. Ancona 11.1.2023 e 18.4.2023, Trib. Treviso 7.2.2023; Trib. Rimini 15.2.2023, in questa Rivista, proprio sulla considerazione per cui la norma sarebbe riferibile all’imprenditore collettivo e non individuale, tesi invece contrastata dalla decisione in rassegna; contra, nel senso di una lettura letterale dell’art. 33, ult. co., CCI, che nega l’accesso al concordato minore anche all’imprenditore individuale cessato, Cass. 2023/22699.



Segnalazione dell’avv. Astorre Mancini del foro di Rimini

mancini@studiomanciniassociati.it


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