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Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 25/09/2014 Scarica PDF

La motivazione per relationem rispetto alla verifica espletata presso terzi

Gennaro Di Gennaro, Dottorando di ricerca


SOMMARIO: 1. Premessa. – 2. Allegazione o riproduzione del contenuto essenziale. – 3. L’indirizzo giurisprudenziale e i casi (forse) più ricorrenti. – 4. Considerazioni conclusive.


   

1. Premessa

Nel corso della verifica tributaria, gli Organi procedenti potrebbero individuare ed acquisire documenti utilizzabili nei confronti di un diverso contribuente, qualora sia possibile ritenere, anche attraverso argomentazioni di carattere presuntivo, che la documentazione in discorso sia idonea a dimostrare l’inosservanza delle norme impositive e/o agevolative.

A tal proposito, appare utile sottolineare che l’utilizzo, ai fini fiscali, di documenti altrove acquisiti, impone il rispetto delle regole giuridiche deputate a consentire, al contribuente verificato, la conoscenza del materiale probatorio utilizzato; a tal fine, in ossequio alle disposizioni dettate in materia, è di tutta evidenza la rilevanza giuridica della allegazione dei documenti posti a sostegno della pretesa impositiva o, altrimenti, la riproduzione delle parti essenziali idonee ad assicurare un compiuto esercizio del diritto di difesa del soggetto accertato.   

 

2. Allegazione o riproduzione del contenuto essenziale

La ricostruzione del maggior reddito imponibile sottratto ad imposizione,  ben potrebbe costituire il portato di una verifica fiscale espletata presso  un terzo soggetto, nel corso della quale siano stati acquisiti elementi probatori, anche indiziari, ritenuti utili, pertinenti e rilevanti ai fini tributari.

Al riguardo, occorre chiedersi se il soggetto verificato, alla luce del diritto positivo e delle soluzioni elaborate dalla giurisprudenza, abbia il diritto di conoscere quali documenti (provenienti da terzi) sono stati reputati fiscalmente rilevanti dai verificatori, onde valutarne, così, il grado di attendibilità e la conseguente valenza probatoria.

A tal proposito, appare interessante e condivisibile l’indirizzo interpretativo,  pretorio e dottrinale, che, in ossequio ai principi costituzionali e alle disposizioni statutarie, impone la doverosa allegazione degli atti concernenti la posizione fiscale di altri (e diversi) contribuenti, anch’essi sottoposti all’attività di controllo, fatta salva, tuttavia, l’ipotesi che sarà  nel prosieguo illustrata.

Tutto ciò, come già puntualizzato, a condizione che i dati probatori ed informativi che emergono dai documenti reperiti o formati aliunde,  siano utilizzati anche nei confronti di altri contribuenti, dando luogo, pertanto, ad una vera e propria trasmigrazione degli elementi istruttori, dall’originario procedimento tributario ad un altro[1].

Orbene, in forza del disposto normativo di cui all’art. 7, comma 1, della legge n. 212/2000,   Se nella motivazione si fa riferimento ad un altro atto, questo deve essere allegato all’atto che lo richiama ”, salvo che ne sia riprodotto il contenuto essenziale[2].

Ne consegue, quale ragionevole effetto, peraltro positivizzato, che l’agire amministrativo contrario alla previsione normativa sopra citata, si riverbera sulla validità del provvedimento[3]; la ratio della disciplina applicabile, infatti, risiede nel garantire una effettiva tutela della posizione giuridico - soggettiva del contribuente, qualificabile sia come interesse al corretto esercizio dell’azione amministrativa che quale diritto soggettivo di non subire pretese impositive sorrette da motivazioni non aderenti alle disposizioni dettate in materia[4].

A ciò si aggiunga, come affermato dalla Corte di Giustizia UE, che la puntuale e circostanziata illustrazione delle ragioni sottese alla emissione dell’atto impositivo, consentono al Giudice tributario di verificare se l’operato dell’Ufficio finanziario è conforme ai prescritti paradigmi normativi[5].

Alla luce delle considerazioni sin qui illustrate, è ormai pacifico che  la  parte motiva del provvedimento, intesa quale suo elemento essenziale e strutturale,   ben può fondarsi su documenti relativi a diversi soggetti, generando (in capo all’Amministrazione procedente) il prescritto onere di portarli nella legale sfera di conoscenza del destinatario, attraverso due differenti modalità, tra loro alternative: l’ allegazione o la riproduzione delle parti essenziali di tutti gli atti esplicitamente richiamati (e mai conosciuti, né ricevuti, dal contribuente accertato)[6].

Tutto ciò, secondo un condivisibile filone giurisprudenziale, anche quando trattasi di imprese societarie appartenenti al medesimo gruppo[7].

   

3. L’indirizzo giurisprudenziale e i casi (forse) più ricorrenti

- La presunta inesistenza delle transazioni commerciali

Come noto, l’Amministrazione finanziaria può considerare inesistenti, sotto il profilo oggettivo o soggettivo, determinate operazioni commerciali; detta conclusione può fondarsi sui rilievi consacrati nel P.V.C.[8] redatto a conclusione di una verifica fiscale svolta presso una diversa impresa,  individuale o societaria.

Si pensi, a titolo d’esempio, alle verifiche fiscali svolte nei riguardi di imprese operanti nel settore dell’edilizia: in tal caso, l’indagine tributaria avviata nei confronti dell’appaltatore ben potrebbe estendersi al committente; lo stesso valga, per rimanere nel solco delle esemplificazioni, nell’ipotesi del subappalto in edilizia.

In tali circostanze, è di tutta evidenza che il P.V.C. riferito al soggetto terzo costituisce, atecnicamente, un vero e proprio atto istruttorio “presupposto“ del provvedimento impositivo notificato a chi, col soggetto terzo, ha intrattenuto rapporti contrattuali (reali e concreti, o, invece, solo apparenti e di fatto inesistenti).

Qualora, pertanto, la pretesa impositiva sia stata originata da informazioni e documenti acquisiti e formati  presso un diverso contribuente, il relativo processo verbale, secondo una costante elaborazione interpretativa, deve essere allegato all’atto impositivo o riprodotto secondo le modalità sopra descritte[9].

Al riguardo, infatti, è stato affermato che “ Nel caso di accertamento fiscale basato su un processo verbale di constatazione emesso nei confronti di terzi (nella specie emesso nei confronti di una ditta che aveva intrattenuto rapporti commerciali con la contribuente verificata) da quale sarebbe emersa l’inesistenza  delle operazioni commerciali medesime (lavori edili eseguiti in sub appalto) e con il conseguente recupero dell’Iva detratta sui costi sostenuti, l’ufficio delle entrate procedente aveva l’obbligo di allegare all’avviso di accertamento notificato alla società verificata anche il processo verbale richiamato, e ciò per l’espressa previsione normativa contenuta nell’art. 7 della legge n. 212/2000, c.d. Statuto del Contribuente[10].

Giova inoltre osservare che qualora siano ripresi a tassazione determinati componenti negativi di reddito, in quanto concernenti alcune operazioni ritenute inesistenti, con coevo recupero dell’Iva indebitamente detratta, occorre che il processo verbale redatto nei confronti del soggetto terzo  sia portato a conoscenza dell’impresa verificata (che col primo ha intrattenuto rapporti commerciali)[11].

   

- Le dichiarazioni rese da terzi in sede extraprocessuale

Le dichiarazioni di terzi, acquisite dai verificatori nel corso del procedimento tributario, potrebbero essere utilizzate ai fini della ricostruzione del reddito effettivamente sottratto a tassazione.

A tal proposito, ci si domanda se i relativi atti endoprocedimentali, contenenti le anzidette dichiarazioni, debbano essere portati a conoscenza del  verificato attraverso la loro allegazione o riproduzione.

Una lettura costituzionalmente orientata delle disposizioni di riferimento, impone, ad avviso di chi scrive, che le dichiarazioni in discorso, in quanto ritenute dall’Amministrazione fiscalmente rilevanti, non possano non essere portate nella legale sfera di cognizione del contribuente; questi, infatti, potrebbe confutarne la valenza probatoria solo dopo una loro attenta lettura e disamina.

Circa il profilo probatorio delle dichiarazioni in esame, occorre sottolineare la linea interpretativa secondo cui “Nel processo tributario, le dichiarazioni del terzo, acquisite dalla polizia tributaria nel corso di un’ispezione  e trasfuse nel processo verbale di constatazione, a sua volta recepito dall’avviso di accertamento, hanno valore meramente indiziario, concorrendo a formare il convincimento del giudice, qualora confortate da altri elementi di prova[12].

Giova inoltre verificare, ai fini che qui interessano, se l’allegazione (o riproduzione) debba estendersi anche alle dichiarazioni rese da terzi nel corso di un procedimento penale ed utilizzate dall’Amministrazione finanziaria ai fini fiscali.

Orbene, è da condividersi l’orientamento pretorio secondo cui qualora la pretesa impositiva sia fondata anche su dichiarazioni acquisite nel corso di indagini penali (ormai concluse), esse devono essere allegate all’avviso di accertamento, salvo che il contenuto essenziale delle predette dichiarazioni sia debitamente riprodotto nel provvedimento[13].

Sul punto, la giurisprudenza di legittimità ha affermato che le dichiarazioni dei terzi, raccolte nel corso di un procedimento penale e consacrate nel processo verbale di constatazione, costituiscono “mere informazioni acquisite nell’ambito di indagini amministrative e sono, pertanto, pienamente utilizzabili quali elementi di prova[14].

La natura delle dichiarazioni in discorso, quale dato probatorio utilizzabile ai fini tributari, vale anche quando le stesse sono favorevoli al contribuente[15] il quale ben potrebbe produrle sia nel corso della fase istruttoria del procedimento tributario che in sede contenziosa[16].

 

- Presunti compensi “in nero” risultanti dalla verifica presso terzi

La ricostruzione della materia imponibile ben potrebbe fondarsi, come già esposto, su dati probatori individuati ed acquisiti nel corso dell’attività di verifica svolta presso un terzo contribuente: si pensi ai pagamenti in “nero” risultanti da appunti, agende personali, brogliacci e contabilità “occulte”, parallele a quelle “ufficiali”[17].

In tal caso, dunque, i rilievi consacrati nel P.V.C. e, prima ancora, nei processi verbali di verifica, potrebbero costituire il punto di partenza per contestare, ad un diverso contribuente, l’omessa contabilizzazione di componenti positivi di reddito.

E’ di tutta evidenza, comunque, che il soggetto verificato ha il diritto di conoscere le ragioni fondanti il presunto reddito sottratto a tassazione; a tal proposito, infatti, la giurisprudenza tributaria ha  affermato che qualora la pretesa impositiva sia stata originata da una verifica tributaria svolta presso una società, che secondo l’Ufficio avrebbe corrisposto compensi non dichiarati, il relativo P.V.C. deve essere allegato all’avviso di accertamento notificato al contribuente, presunto percipiente, salvo che ne sia riprodotto il contenuto essenziale; in mancanza, il provvedimento è inficiato da invalidità originaria ed insanabile[18].

   

- Le intercettazioni telefoniche disposte nel procedimento penale

Secondo un interessante indirizzo giurisprudenziale di legittimità, in tema di intercettazioni telefoniche “il divieto, posto dall’art. 270 c.p.p. di utilizzare i risultati di intercettazioni telefoniche in procedimenti diversi da quello in cui furono disposte non opera nel contenzioso tributario, ma soltanto in ambito penale, non potendosi arbitrariamente estendere l’efficacia di una norma processuale penale, posta a garanzia dei diritti di difesa in quella sede, a dominii  processuali diversi, come quello tributario, muniti di regole proprie[19].

Anche la giurisprudenza di merito, in molteplici circostanze, ha ammesso l’utilizzo delle intercettazioni telefoniche nel procedimento tributario[20]; non sono mancate, comunque, decisioni di segno contrario in virtù delle quali è stato osservato che il disposto normativo di cui all’art. 270 c.p.p. non consente l’utilizzo ai fini tributari degli elementi probatori e/o informativi ricavati dalle intercettazioni telefoniche[21].

Orbene, la possibilità di poter utilizzare ai fini fiscali gli elementi probatori ricavati dalle intercettazioni telefoniche, impone di soffermarsi, seppure brevemente, sulla allegazione delle intercettazioni cosiddette indirette.

Più precisamente, i risultati di queste ultime sono impiegati ai fini accertativi nei riguardi di un soggetto diverso da quello nei cui confronti furono ab origine disposte.

Ad avviso di chi scrive, dunque, anche le intercettazioni telefoniche ormai ostensibili, in quanto riferite a fatti penalmente rilevanti per i quali sia già stata esercitata l’azione penale o celebrato il relativo processo, non si sottraggono all’onere della doverosa allegazione, fatta salva l’ipotesi della trascrizione delle stesse purché riferita alle parti essenziali ed oggettivamente idonee a consentire un adeguato esercizio del diritto di difesa.

   

4. Considerazioni conclusive

L’esigenza di assicurare una costante e proficua tutela dell’interesse erariale, attraverso efficaci strumenti volti a prevenire e individuare condotte antidoverose, colpevoli e  violative delle norme tributarie, deve ben conciliarsi con la preservazione del diritto di difesa per il cui compiuto esercizio è necessario che le ragioni sottese alle contestate violazioni siano esplicitamente evidenziate al soggetto verificato, sia sotto il profilo giuridico che fattuale.

A tal fine, alla luce della giurisprudenza qui segnalata e secondo una lettura costituzionalmente orientata delle regole positivizzate, l’istituto della motivazione per relationem, ove ben osservato,assicura il giusto bilanciamento dei beni giuridici in gioco. 



[1] La giurisprudenza tributaria ha più volte annullato gli atti impositivi fondati su documenti acquisiti e/o formati presso terzi, anch’essi sottoposti a verifica fiscale, in assoluto difetto di allegazione o riproduzione del contenuto essenziale.  In tal senso, ex multis, v. Comm. trib. reg. Liguria, sentenza n. 47/6/2013, commentata da A. BARISON, Da allegare i documenti della verifica presso terzi, in “Il Sole 24 Ore” del 3/02/2014, Norme e Tributi, pag. 22. Sulla invalidità dell’avviso di accertamento, per omessa allegazione e/o riproduzione dell’atto richiamato (nella specie, un P.V.C. redatto nei confronti di soggetti terzi), v. Comm. trib. reg. Lombardia, sez. XXII, 3 marzo 2011, n. 38.

[2] Accanto alla disciplina di carattere generale, si pongono previsioni normative ad hoc contenute nelle singole leggi d’imposta. A tal proposito, tra le altre disposizioni, v. gli artt. 42 del D.P.R. n. 600/73, 52 del D.P.R. n. 131/86 e 56 del D.P.R. n. 633/72. Sui documenti di prassi adottati in tema di motivazione per relationem, v. Circolare n. 150/E del 1° agosto 2000, in “il fisco” n. 32/2000, pag. 10053; Circolare n. 77, del 3 agosto 2001, dell’Agenzia delle entrate – Direz. Centrale Normativa e Contenzioso.

[3] V. tra gli altri l’art. 42, comma 3,  del D.P.R. n. 600/73, in forza del quale “L’accertamento è nullo se l’avviso non reca la sottoscrizione, le indicazioni, la motivazione di cui al presente articolo e ad esso non è allegata la documentazione di cui all’ultimo periodo del secondo comma”.In argomento, sulla invalidità del provvedimento impositivo per omessa allegazione degli atti richiamati e/o per mancata riproduzione del relativo contenuto, si rinvia a Cass., 5 giugno 2013, n. 14189; in senso conforme, Id., 29 gennaio 2008, n. 1906, citata e commentata da G. ANTICO, La motivazione per relationem. Il vaglio della Cassazione, in “il fisco” n. 7/2008, fascicolo n. 1, pag. 1196. Sulla invalidità originaria ed insanabile dell’avviso di accertamento cui non sia stato allegato il processo verbale di constatazione, mai peraltro portato nella sfera di conoscenza del contribuente, v. Cass., 28 gennaio 2010, n. 1825, commentata da M. DALLA VECCHIA, Nullità dell’avviso di accertamento motivato per relationem, in “il fisco” n. 9/2010, fascicolo n. 2, pag. 1414.Per la giurisprudenza di merito, ex multis, v. Comm. trib. prov. Mantova, sez. II, 14 marzo 2013, n. 36, la quale ha affermato che “l’accertamento motivato con il rinvio ad un atto dell’amministrazione finanziaria non allegato all’avviso e non noto al contribuente è nullo e la produzione dell’atto stesso in sede di contenzioso non sana in nessun modo il vizio di nullità originario”; Comm. trib. prov. Cuneo, sez. II, 18 gennaio 2013, n. 7, secondo cui è nullo “l’avviso di accertamento che nella motivazione faccia riferimento ad altri atti non allegati a quello che li richiama nella motivazione del quale neppure venga riportato il contenuto essenziale di essi” (in Massimario delle Commissioni Tributarie del Piemonte, 2013, pag. 23); Comm. trib. prov. Imperia, sez. I, 31 gennaio 2012, n. 3.

[4] In dottrina, per utili approfondimenti in tema di motivazione, v. tra gli altri F. GALLO, Motivazione e prova nell’accertamento tributario: l’evoluzione del pensiero della Corte, in “Rass. Trib.” n. 4/2001, pag. 1088; N. D’AMATI – A. URICCHIO, Corso di Diritto Tributario, Padova, 2008, pag. 193; S. MUSCARA’, Poteri di autotutela dell’amministrazione finanziaria in ipotesi di difetto di motivazione del provvedimento impositivo, in “Rass. Trib.”, 1990, I, pag. 360; L. FERLAZZO NATOLI, La motivazione nell’accertamento tributario, in “Rass. Trib.”, 1986, I, pag. 217; G. ANTICO, La motivazione per relationem:il vaglio della Cassazione, cit., pag. 1196; C. CALIFANO, La motivazione degli atti impositivi, Torino, 2012; Id., La motivazione degli atti impositivi tra forma e sostanza, principi europei e valori costituzionali, in “Riv. Trim. Dir. Trib.” n. 1/2013, pag. 81; G. BOLETTO, Riflessioni sull’invalidità per difetto di motivazione, in “Riv. dir. trib.” n. 11/2013, II, pag. 516.

[5] Sul punto, v. Corte di Giustizia, 7 febbraio 1990, causa C-213/87, Comune di Amsterdam, in “Racc.”, 1990, I, pag. 221; Id., 1° aprile 1993, cause riunite C-260/91 e C-261/91, Diversitis SA, in “Racc.”, 1993, I, pag. 1885.

[6] In argomento, v. anche M. BEGHIN, Osservazioni in tema di motivazione dell’avviso di accertamento ex art. 42 d.p.r. n. 600/1973, alla luce dell’art. 7 dello “ Statuto dei diritti del contribuente”, in “Riv. dir. trib. n.6/2004, I, pag. 709.

[7] Sulla nullità dell’avviso di accertamento per omessa allegazione del P.V.C. riguardante altra impresa dello stesso gruppo, v. Comm. trib. prov. Milano, sez. XLIV, 19 aprile 2011, n. 131.

[8]Sul ruolo del processo verbale di constatazione all’interno del procedimento tributario, v. per approfondimenti M. PIERRO, Rilevanza procedimentale del processo verbale di constatazione e tutela del contribuente, in “Rass. Trib.” n. 1/2013, pag. 115.

[9] Comm. trib. reg. Puglia, sez. IX, 17 dicembre 2009, n. 142, parte II, in Massimario delle Commissioni Tributarie della Puglia, 2010, pagg. 85-86; in tal senso, v. anche Comm. trib. prov. Bari, sez. VII, 19 febbraio 2008, n. 15; Comm. trib. reg. Liguria, sez. VII, 7 settembre 2012, n. 78. Le Corti di merito hanno inoltre affermato che “E’ privo di motivazione l’avviso di accertamento che faccia riferimento ad un processo verbale di constatazione redatto nei confronti di un soggetto terzo e non notificato al contribuente destinatario dell’avviso di accertamento, né allegato a tale atto” (Comm. trib. prov. Lecce, sez. V, 28 giugno 2010, n. 243, in Massimario delle Commissioni Tributarie della Puglia, anno 2011, pag. 90; in tal senso, v. anche Comm. trib. reg. Veneto, sez. XXX, 5 ottobre 2010, n. 83; Comm. trib. reg. Sardegna, sez. V, 21 gennaio 2008, n. 45). Per la giurisprudenza di legittimità, ex plurimis v. Cass., 6 febbraio 2004, n. 2268; Id., 3 dicembre 2001, n. 15234.

[10] Comm. trib. reg. Campania, sez. XXXIX, 18 marzo 2009, n. 51, in Massimario della Commissione Tributaria Regionale della Campania, 2009, pag. 52; in tal senso, v. anche Comm. trib. reg. Lombardia, sez. XLVI, 20 luglio 2010, n. 97; Comm. trib. reg. Emilia Romagna, sez. IX, 4 febbraio 2009, n. 4; Comm. trib. reg. Lombardia, sez. stacc. di Brescia, sentenza n. 203/63/2013, commentata da G. BOCCALATTE, Stop all’avviso incompleto, in “Il Sole 24 Ore” del 28/10/2013, Norme e Tributi; Comm. trib. reg. Toscana, sez. XXIX, 4 novembre 2009, n. 120.

[11] V. Comm. trib. reg. Lombardia, sez. XLIX, 2 luglio 2010, n. 100. Sulla doverosa allegazione dell’atto emesso a carico di terzi, compresi i verbali ispettivi, salva l’ipotesi della riproduzione del contenuto essenziale, v. tra le tante Comm. trib. prov. Torino, sez. XI, 23 gennaio 2012, n. 13, in Massimario delle Commissioni Tributarie del Piemonte, 2012, pag. 15; Comm. trib. reg. Sardegna, sez. V, 18 gennaio 2011, n. 3;  Comm. trib. reg. Lombardia, sez. XLII, 26 gennaio 2011, n. 16; Comm. trib. prov. Parma, sez. VI, 31 dicembre 2010, n. 110, in Massimario delle Commissioni Tributarie per l’Emilia-Romagna, 2011, pag. 19; Comm. trib. prov. Firenze, sez. XIX,  23 gennaio 2012, n. 3.

[12] Cass., 5 maggio 2011, n. 9876. Per la giurisprudenza di merito, ex multis, v. Comm. trib. prov. Reggio Emilia, sez. III, 22 gennaio 2013, n. 1, in “GT – Riv. giur. trib.” n. 5/2013, pag. 410, con commento di M. DEL VAGLIO, Le sole dichiarazioni di terzi non sono prove autosufficienti a dimostrare la fatturazione fittizia, pag. 412.

[13] Comm. trib. reg. Lombardia, sez. XLII, 26 gennaio 2011, n. 16.

[14] Cass., 30 settembre 2011, n. 20032; Id., 11 marzo 2002, n. 3526. Più recentemente, in senso conforme, v. Cass., 7 febbraio 2013, n. 2916, in “Giurisprudenza Italiana”, ottobre 2013, pag. 2172. Sul versante istruttorio, circa il rapporto tra il procedimento penale e quello tributario, per utili e puntuali approfondimenti, v. A. MARCHESELLI, La circolazione dei materiali istruttori dal procedimento penale a quello tributario, in “Rass. Trib.” n. 1/2009, pag. 83.

[15]  Cass., 14 maggio 2010, n. 11785.

[16]In tal senso, si rinvia a Cass., 27 marzo 2013, n. 7707. Sulla valenza indiziaria, nel processo tributario, della testimonianza resa nel processo civile o in quello penale, v. rispettivamente Cass., 21 gennaio 2008, n. 1164, e Cass., 22 giugno 2010, n. 14960.

[17] Per utili approfondimenti sul tema, si rinvia a Cass., 6 novembre 2009, n. 23585, commentata da A. IORIO – S. SERENI, Accertamenti basati sulla contabilità “in nero” del fornitore, in “il fisco” n. 43/2009, fascicolo n. 2, pag. 7177.

[18] In tal senso, v. Comm. trib. prov. Genova, sez. X, 21 marzo 2013, n. 76.

[19] Cass., 23 febbraio 2010, n. 4306; Più recentemente, in senso conforme, Id., 7 febbraio 2013, n. 2916, in “GT – Riv. giur. trib.” n. 5/2013, pag. 385, con commento di S. ARMELLA – F. DI LUCIANO, L’utilizzo delle intercettazioni nel processo tributario e il delicato equilibrio con il diritto di difesa e il principio del giusto processo, pag. 387. In argomento, per approfondimenti, v. fra gli altri F. FONTANA, Utilizzo delle intercettazioni disposte in sede penale, in “Corr. Trib.”n. 15/2010, pag. 1199.

[20]  Ex multis, Comm. trib. prov. Bologna, sez. VI, 20 settembre 2010, n. 162.

[21] Comm. trib. prov. Arezzo, sez. I, 13 febbraio 2007, n. 1.


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