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Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 04/10/2018 Scarica PDF

Notifica telematica alla pubblica amministrazione. Rassegna giurisprudenziale e note critiche

Francesco Pedroni e Flavio Yari Fera, Avvocati in Milano


Sommario: 1. Premessa. - 2. Le pronunce più rilevanti nel 2018. - 3. Brevi osservazioni.


         

1. Premessa

Chi vuole oggi effettuare, per via telematica, una notifica ad una pubblica amministrazione si trova nell’impossibilità pratica di procedervi validamente. Gli effetti di tale notifica hanno, infatti, conseguenze variabili a seconda dell’interpretazione che di volta in volta viene seguita.

Cercando di sintetizzare le ragioni alla base di tale criticità, si può evidenziare che:

- presupposto per l’esecuzione della notifica telematica è che l’indirizzo PEC del destinatario risulti da pubblici elenchi[1], la cui definizione[2] è contenuta all’art. 16-ter D.L. 179/2012[3];

- l’art. 16-ter D.L. 179/2012 (dopo la novella del 2014[4]), nel definire i “pubblici elenchi” relativi alle pubbliche amministrazioni, non menziona più, diversamente dalla versione originaria, l’Indice delle Pubbliche Amministrazioni, c.d. IPA[5], limitandosi a fare riferimento all’elenco formato dal Ministero della giustizia, c.d. Registro PP.AA., di cui all’art. 16.6 D.L. 179/2012;

- per consentire al Ministero della giustizia di formare tale elenco, le pubbliche amministrazioni avrebbero dovuto comunicare al Ministero entro il 30 novembre 2014 un proprio indirizzo di posta elettronica certificata a cui ricevere le comunicazioni e notificazioni[6];

- ad oggi, la gran parte delle pubbliche amministrazioni non ha ancora effettuato la comunicazione di un proprio indirizzo PEC al Ministero[7].

In un tale contesto, sempre più numerose sono le pronunce che affrontano casi nei quali si discute di un preteso vizio della notifica telematica ad una pubblica amministrazione. In particolare, ciò che viene in rilievo è la valutazione sugli effetti dell’utilizzo di un indirizzo PEC estratto dall’IPA in luogo di quello (tendenzialmente non disponibile) inserito nell’elenco di cui all’art. 16.6 D.L. 179/2012.

Con il presente contributo, si passano in rassegna le pronunce di maggiore interesse che, nel corso del 2018, hanno affrontato la tematica in questione. Si tratta di pronunce che, pur emesse nell’ambito di giudizi amministrativi (con conseguenti richiamo e applicazione delle specifiche regole ivi previste), costituiscono comunque precedenti meritevoli di considerazione ad un livello più generale poiché si interrogano in merito al complessivo quadro normativo che disciplina la notificazione telematica alla pubblica amministrazione.

Per ogni pronuncia, riportata in ordine cronologico, è stata elaborata una massima che sintetizza il principio o ragionamento espresso.

All’esito della ricognizione giurisprudenziale sono riportate alcune brevi osservazioni critiche conclusive.

 

2. Le pronunce più rilevanti nel 2018

Tar Sicilia, Sezione Terza, sent. n. 67 del 12.1.2018

La notificazione del ricorso ad una pubblica amministrazione ad un indirizzo PEC tratto dal registro IPA non può ritenersi perfezionata, dovendosi utilizzare l’indirizzo pec inserito nell’apposito registro tenuto dal Ministero della Giustizia.

In difetto di iscrizione dell’amministrazione pubblica in tale registro, la notificazione degli atti processuali può essere validamente eseguita solo con le tradizionali modalità cartacee.

È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 45 bis, co. 2, lett. b), n. 1, d.l. n. 90/2014, e dell’art.16 ter del d.l. n. 179/2012, per presunto contrasto con gli artt. 24, 113 e 115 della Costituzione, avuto riguardo:

- alla possibilità del difensore di utilizzare i mezzi di notifica tradizionali senza l’ipotizzata lesione del diritto di difesa; nonché, alla possibilità, prevista dall’art. 1 della l. n. 53/1994, di notificare il ricorso a mezzo del servizio postale secondo le modalità previste dalla l. n. 890/1982, previa autorizzazione del competente Consiglio dell’Ordine degli avvocati;

- alla ragionevolezza del citato art. 16 ter, il quale, nel ricondurre gli indirizzi validi per le notificazioni ad un unico registro, non pare comportare una particolare difficoltà di consultazione per i difensori, traducendosi nel riscontro dell’esistenza dell’indirizzo in tale registro, alla cui consultazione gli avvocati sono abilitati;

- all’insussistenza dell’adombrata disparità di trattamento con il giudizio civile - nel quale sarebbe possibile la rimessione in termini – atteso che nel giudizio amministrativo deve tenersi conto sia del termine decadenziale per l’impugnazione dei provvedimenti; sia, dell’esistenza di una norma ad hoc (peraltro espressamente invocata dalla parte ricorrente), contenuta nell’art. 37 cod. proc. amm. (Errore scusabile).

Non può farsi luogo alla rimessione in termini in caso di notificazione ad un indirizzo PEC tratto dal registro IPA, tenuto conto che: a) non sussistono ragioni di oggettiva incertezza del quadro normativo sopra evocato, connotato da univocità semantica e precettiva; b) non è registrabile un fenomeno di oscillazione giurisprudenziale.

È irrilevante l’indicazione, nel sito dell’amministrazione pubblica, del recapito PEC, trattandosi di circostanza inidonea ad integrare l’errore scusabile, in quanto le amministrazioni pubbliche, in adempimento alle disposizioni contenute nel Codice dell’amministrazione digitale (d. lgs. n. 82/2005), sono tenute a pubblicare nella pagina iniziale del loro sito un indirizzo di posta elettronica certificata al quale il cittadino possa rivolgersi per qualsiasi richiesta, ma la normativa in proposito nulla prevede in relazione alla notificazione dei ricorsi giurisdizionali.

 

Tar Sicilia, Sezione staccata di Catania (Sezione Prima), sent. n. 118 del 15.1.2018[8]

Non è inammissibile il ricorso notificato tramite PEC estratta dal registro IPA quando la notifica del ricorso raggiunge il suo scopo (nel caso di specie, la pubblica amministrazione si era regolarmente costituita in giudizio).

 

Tar Sicilia, Sezione staccata di Catania (Sezione Terza), sent. n. 225 del 29.1.2018

L'elenco contenuto nel sito indicepa.gov.it (elenco IPA) non è più un pubblico elenco al quale fare riferimento ai fini delle notificazioni e comunicazioni in modalità telematica degli atti in materia civile, penale, amministrativa e stragiudiziale, per le quali potrà farsi riferimento esclusivamente all'elenco consultabile sul sito del Ministero della giustizia (pst.giustizia.it), accessibile attraverso strumenti di autenticazione.

È inesistente la notifica telematica effettuata all’indirizzo estratto dal registro IPA con conseguente inammissibilità del ricorso, senza che sia configurabile alcun errore scusabile. L’individuazione dell’indirizzo (fisico o virtuale) presso il quale effettuare una notifica costituisce, certamente e da sempre, attività rientrante nell’ambito dell’esercizio della professione di difensore, obbligatoria nella fattispecie (diversamente, infatti, si sarebbe potuto ritenere nel caso in cui la notifica fosse stata effettuata dalla parte personalmente nell’ambito di un processo in cui la stessa può non avvalersi della difesa tecnica).


Tar Campania, Sezione Quinta, ord. n. 245 del 15.2.2018

È validamente effettuata la notifica del ricorso alla pubblica amministrazione presso il sito istituzionale risultante dall’IPA Indice delle Pubbliche Amministrazioni.


Tar Campania, Sezione Ottava, ord. n. 1653 del 15.3.2018

In ragione dell’operatività relativamente recente delle norme del processo amministrativo telematico, può farsi applicazione dell’istituto dell’errore scusabile rimettendo in termini il ricorrente per la notifica, stante la circostanza che diverse amministrazioni pubbliche non hanno ottemperato all’obbligo - loro imposto dall’art. 16, comma 12, del D.L. n. 179 - di comunicare, entro il 30 novembre 2014, al Ministero della Giustizia l’indirizzo PEC valido ai fini della notifica telematica nei loro confronti, da inserire in un apposito elenco consultabile esclusivamente dagli uffici giudiziari, dagli uffici notificazioni, esecuzioni e protesti, e dagli avvocati.

A fronte di ciò, l’Amministrazione, secondo i canoni di autoresponsabilità e legittimo affidamento, legati alla necessità che la stessa si conformi a un canone di leale comportamento, non può trincerarsi - a fronte di un suo inadempimento - dietro il disposto normativo che prevede uno specifico elenco da cui trarre gli indirizzi PEC ai fini della notifica degli atti giudiziari, per trarne benefici in termini processuali, così impedendo di fatto alla controparte di effettuare la notifica nei suoi confronti con modalità telematiche; al contempo, in una simile situazione, la parte può ben ritenere in buona fede, per quanto erroneamente, che la notifica dell’atto all’Amministrazione sia possibile su un indirizzo PEC che la stessa ha comunque fatto inserire in un elenco ufficiale, quale quello IPA, così rendendone di fatto possibile la ricezione, sia pure a un indirizzo diverso da quello contemplato dalla normativa ai fini della notifica degli atti a valenza giudiziaria.

In ogni caso, l’indirizzo PEC contenuto nell’indice IPA non appare del tutto inidoneo alla notifica di atti giudiziari alle amministrazioni pubbliche, in quanto ad esempio viene considerato valido per la notifica agli enti impositori nel processo tributario, ai sensi dell’art. 7, comma 5, del D.M. n. 163/2013, con effetti potenzialmente fuorvianti in sede interpretativa anche per altri riti processuali, quale quello amministrativo, soprattutto in mancata iscrizione dell’ente nel registro PEC tenuto dal Ministero della Giustizia.


Tar Basilicata, Sezione Prima, sent. n. 265 del 11.4.2018[9]

La notifica avvenuta presso indirizzo PEC diverso da quello desunto dall’elenco tenuto dal Ministero della Giustizia non può essere “dequotata” a mera irregolarità sulla base dell’argomento per cui l’indirizzo PEC di notificazione è stato desunto dal registro IPA. Invero, ciò che rileva nella prospettiva dello stigma di nullità è la violazione dei commi 1 e 1-bis dell’art. 16-ter del D.L. n. 179/2012, disposizioni che, ai fini della validità delle notifiche telematiche degli atti giudiziari nel processo amministrativo, attribuiscono valenza esclusiva ad alcuni elenchi di PEC. Con l’effetto che ogni diverso recapito telematico, per quanto possa dirsi effettivamente collegato all’amministrazione destinataria (profilo che, comunque, rileva in quanto consente di escludere l’effetto di inesistenza della notifica ed ammettere la sanabilità del vizio di nullità), è ope legis inidoneo ad integrare appieno il principio di contraddittorio nel processo amministrativo telematico.

A ben vedere si tratta di un’impostazione non molto dissimile, mutatis mutandis, da quella desumibile dal combinato disposto degli artt. 144 c.p.c. e 11 r.d. 30 ottobre 1933 n. 1611, in materia di notificazione ad amministrazioni dello Stato, per cui la notifica presso la sede dell’amministrazione (che, dunque, deve ritenersi senza dubbio pervenuta sostanzialmente nella sfera di conoscenza del destinatario) è irrefutabilmente nulla in quanto, a fini processuali, inidonea a raggiungere lo scopo perseguito dal legislatore mediante l’elezione di uno specifico ed esclusivo recapito di notificazione.

Né vale ad attenuare il rigore dell’impostazione dianzi esposta la considerazione per cui non tutte le amministrazioni pubbliche hanno provveduto a comunicare al Ministero di Giustizia un indirizzo PEC ai fini delle notifiche telematiche. Invero, trattasi di circostanza di mero fatto, giuridicamente irrilevante (non potendo l’inerzia amministrativa modificare la realtà giuridica in modo da contrastare l’inequivoco dato normativo), rispetto alla quale potrebbero al più ipotizzarsi, de iure condendo, adeguate iniziative per popolare in modo effettivo i predetti elenchi e, dunque, rafforzare la piena utilizzabilità delle notifiche telematiche nel processo amministrativo.

In ogni caso, non va trascurato che, allo stato attuale, anche in mancanza di iscrizione dell’amministrazione nell’elenco delle PEC tenuto dal Ministero della Giustizia, di cui all’art. 16, comma 12, del D.L. n. 179 del 2012, è comunque possibile eseguire la notificazione alle amministrazioni degli atti processuali con modalità non telematiche.

Sicché, constando valide modalità alternative alla notifica telematica, le lacune contenutistiche del Registro tenuto dal Ministero di Giustizia non possono dirsi di ostacolo allo svolgimento delle attività di notificazione degli atti nel processo amministrativo telematico.

 

Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Sicilia, sent. nn. 216 e 217 del 12.4.2018[10]

Posto che gli articoli 24, 113 e 97 della Costituzione, nonché l’art 6 della CEDU prevedono i diritti inviolabili della difesa in giudizio nonché il principio di buon andamento ovvero il diritto dei cittadini a una buona amministrazione, tutti gli operatori pubblici hanno il dovere di comportarsi in maniera da renderne agevole l’esercizio e di rimuovere tutti gli ostacoli che, al contrario, lo rendono difficile.

Ciò a maggior ragione deve avvenire quando il diritto di difesa viene esercitato nell'ambito di un rapporto, in cui una delle parti (nel caso considerato la pubblica amministrazione) gode di un regime privilegiato, che si manifesta (oltre che per l’esecutorietà e l’autotutela) per il fatto che i suoi atti diventano inoppugnabili quando nei loro confronti non si reagisca in un tempo prestabilito, talvolta breve.

Il ricorso all'istituto dell'errore scusabile e quindi la rimessione in termini, appaiono nel caso di specie non una deroga, ma al contrario una scelta coerente con il doveroso rispetto che si deve all'esercizio dei diritti fondamentali ricordati, che non tollerano subdole compressioni.

Nel caso in cui l’indirizzo PEC della pubblica amministrazione è effettivamente contenuto nel registro di cui all’art. 16, comma 12 e la notifica viene fatta ad un diverso indirizzo PEC, la notifica è sicuramente nulla.

Con riferimento ai casi in cui le pubbliche amministrazioni non hanno comunicato il loro indirizzo PEC al Ministero della giustizia, è da preferire l’opzione per cui deve essere riconosciuto l’errore scusabile ex art. 37 c.p.a. se la notifica per via telematica del ricorso è stata effettuata ad un’Amministrazione all’indirizzo PEC tratto dall’elenco pubblico IPA, e per l’effetto va ordinato il rinnovo della notificazione.

Ciò sulla scorta dei principi costituzionali del rispetto dei diritti fondamentali nonché considerando:

- l’evoluzione normativa che ha visto prima la coesistenza di più registri ufficiali di PEC, e poi l’esclusività, ai fini del processo amministrativo, dei registri tenuti dal Ministero della giustizia, in un quadro normativo che resta tuttavia complesso e mal coordinato e dal quale non si evince in modo univoco quali siano le forme di notificazione in caso di mancanza dell’indirizzo PEC nei registri delle pubbliche amministrazioni tenuto dal Ministero della giustizia;

- la condotta colpevole della pubblica amministrazione che era obbligata a comunicare il proprio indirizzo PEC al Ministero della giustizia e che non vi ha a tutt’oggi provveduto, violando le fondamentali regole del buon andamento.

La condotta colpevole dalla pubblica amministrazione, che omette di comunicare il proprio indirizzo PEC al Ministero della giustizia, così rendendo più difficoltosa la notifica, se non determina, per la controparte, nullità insanabile della notifica e ne giustifica la rinnovazione, va tuttavia stigmatizzata, con la segnalazione della condotta agli organi tutori e agli organi preposti al PCT e al PAT[11]. Dal quadro il quadro normativo applicabile, emerge che l’omissione, da parte della pubblica amministrazione, di un adempimento semplice quale è quello di comunicare un indirizzo PEC al Ministero della giustizia ai sensi dell’art. 16, comma 12, d.l. n. 179/2012, sortisce un effetto di fatto “escludente” di quell’amministrazione dal processo, perché potrà ricevere le comunicazioni e notificazioni successive alla notifica del ricorso introduttivo solo mediante deposito nella segreteria del giudice (sicché potrebbe non venirne mai a conoscenza) e perché non è consentito comunicare con il sistema della giustizia amministrativa, per ragioni di sicurezza, se non tramite indirizzi PEC contenuti nei registri tenuti dal Ministero della giustizia.

 

Tar Puglia, Sezione Prima, sent. n. 1008 del 5.7.2018

È infondata l’eccezione di inammissibilità del ricorso per nullità della notificazione, essendo pacifico che l’amministrazione resistente non disponga di un indirizzo PEC previsto dal registro tenuto dal Ministero della Giustizia, profilo in ordine al quale la giurisprudenza ha statuito che “dall’eventuale assenza nell’elenco ufficiale dell’indirizzo PEC di una Pubblica Amministrazione non potrebbero comunque derivare preclusioni processuali per la parte privata” (cfr. Consiglio di Stato, sez. III, 5 febbraio 2018, n. 744, richiamata da TAR Campania – Napoli, ordinanza 15 marzo 2018, n. 1653)”.

 

Tar Lazio, Sezione Seconda Bis, ord. n. 9271 del 11.9.2018

Ai fini delle notificazioni e comunicazioni degli atti in materia civile, penale, amministrativa e stragiudiziale, per le notificazioni via PEC può essere utilizzato esclusivamente l'elenco consultabile sul sito del Ministero della giustizia (pst.giustizia.it). Pur condividendo le esigenze di certezza sottese al rigoroso orientamento in ordine all’errore nell’indicazione dell’indirizzo PEC, che ha escluso la possibilità di rimessione in termini sul presupposto che la legge individua univocamente gli elenchi utilizzabili ai fini della notificazione degli atti giudiziali, va riconosciuto nel caso di specie il beneficio della rimessione in termini ex art. 37 c.p.a. per il rinnovo della notificazione:

- il ricorrente ha utilizzato per la notificazione del ricorso l’indirizzo pec utilizzato dalla stessa amministrazione per le comunicazioni inerenti al relativo procedimento senza specificazione circa la invalidità dello stesso ai fini delle notifiche degli atti processuali;

- l’invio e la ricezione della pec, inoltre, risultano comprovati in atti dalle relative attestazioni;

- l'evoluzione della disciplina di riferimento ha visto prima la coesistenza di più registri ufficiali di PEC, e, poi, l'esclusività, ai fini del processo amministrativo, dei registri tenuti dal Ministero della giustizia, in un quadro normativo risultato complesso e foriero di incertezze in sede di prima applicazione.

Tali circostanze hanno ingenerato nel ricorrente un affidamento incolpevole in ordine alla circostanza che l’indirizzo pec del quale si è avvalso fosse utilizzabile per le notifiche giudiziali, anche confidando, alla stregua dei canoni di autoresponsabilità e leale comportamento, nella trasmissione dell’atto medesimo – la cui ricezione, si ribadisce, è comprovata in atti – al competente ufficio dell’ente.

 

3. Brevi osservazioni

La rassegna che precede dà atto di un panorama giurisprudenziale variegato e in evidente antitesi al proprio interno: si passa da pronunce che ritengono valida ed efficace la notifica effettuata ad un indirizzo PEC estratto dall’IPA (ad es. Tar Campania, Sezione Quinta, ord. n. 245 del 15.2.2018[12]), a provvedimenti che la ritengono addirittura inesistente senza possibilità di sanatoria (ad es. Tar Sicilia, Sezione staccata di Catania - Sezione Terza, sent. n. 225 del 29.1.2018) ovvero a precedenti che, pur considerando invalida tale notifica, applicano vari correttivi diretti a conservarne l’efficacia (ad es. Tar Sicilia, Sezione staccata di Catania - Sezione Prima, sent. n. 118 del 15.1.2018). Interessante poi il parallelismo tra l’orientamento che non dubita in alcun modo della legittimità costituzionale del quadro normativo in materia (Tar Sicilia, Sezione Terza, sent. n. 67 del 12.1.2018) e quello – peraltro progressivamente in aumento – che richiama disposizioni costituzionali e della CEDU per denunciare, in sostanza, un “quadro normativocomplesso e mal coordinato” e una “condotta colpevole della pubblica amministrazione” (Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Sicilia, sent. nn. 216 e 217 del 12.4.2018).

In effetti, la sostanziale paralisi della notificazione telematica alla pubblica amministrazione, pienamente confermata dalle pronunce che precedono, costituisce un vulnus al c.d. processo di digitalizzazione della pubblica amministrazione, digitalizzazione che pacificamente ricomprende la comunicazione mediante strumenti informatici da/verso la pubblica amministrazione[13], e a cui viene riconosciuta piena rilevanza costituzionale[14].

Tale situazione è dovuta, come si è visto, ad un articolato normativo non unitario e poco coerente[15], oltre che ad un inspiegabile atteggiamento inerte da parte della maggioranza delle pubbliche amministrazioni, che continuano ad omettere di fornire al Ministero della Giustizia un proprio recapito PEC[16].

Se pure nei confronti di queste ultime sono già state prospettate iniziative volte a superare la situazione di impasse venutasi a creare, prospettando addirittura responsabilità erariali[17], a cui peraltro se ne possono aggiungere altre[18], è a livello tecnico-normativo dove in realtà si può incidere in modo risolutivo sul tema della notificazione telematica alla pubblica amministrazione, rendendo finalmente effettivi i c.d. “diritti di cittadinanza digitale”. In questo senso, sarebbe sufficiente ricomprendere, come in origine, l’IPA tra i pubblici registri previsti dall’art. 16-ter D.L. 179/2012[19], consentendo quindi di utilizzare gli indirizzi PEC ivi presenti per comunicare e notificare telematicamente alla pubblica amministrazione senza rischi di invalidità o di inefficacia.



[1] Sul punto, BATÀ CARBONE, Le notificazioni – Dottrina e giurisprudenza, 2016, 186 ss.

[2]  La norma si riferisce “ai fini della notificazione e comunicazione degli atti in materia civile, penale, amministrativa, contabile e stragiudiziale”. Ne consegue che l’ambito di applicazione dell’art. 16-ter D.L. 179/2012 riguarda sia notificazioni di carattere giudiziale sia notificazioni relative ad atti che esulano da tale ambito. Contro l’interpretazione che attribuisce alla previsione di cui all’art. 16-ter carattere tassativo in relazione all’individuazione dei “pubblici elenchi” si veda la nota 12 che segue.

[3] Specularmente, l’art. 3-bis L. 53/1994 (che consente agli avvocati di procedere in proprio alle notificazioni di atti civili, amministrativi e stragiudiziali) stabilisce che la notificazione a mezzo PEC debba essere eseguita “all'indirizzo risultante da pubblici elenchi”.

[4] Art. 45-bis, co. 2, lett. a), n. 1, D.L. 90/2014.

[5] Introdotto dall’art. 6-ter D. Lgs. 82/2005 che fa riferimento nella versione attualmente vigente al c.d. “Indice dei domicili digitali delle pubbliche amministrazioni e dei gestori di pubblici servizi”.

[6] Art. 16.12 D.L. 179/2012 che fa espressamente riferimento alla finalità di “favorire le comunicazioni e notificazioni per via telematica alle pubbliche amministrazioni”.

[7] Mentre sull’IPA risultano presenti 122.151 indirizzi PEC (si veda il riferimento a https://www.indicepa.gov.it/documentale/index.php), sul Registro PP.AA. ad oggi gli indirizzi PEC censiti sono 997 (non essendo disponibili dati pubblici di sintesi, gli autori hanno effettuato la somma di tutti gli indirizzi censiti, inserendo come chiavi di ricerca nella maschera “Codice fiscale o partita IVA” del Registro PP.AA., solo il primo numero, partendo da “0” fino ad arrivare a  “9”).

[8] Applicano lo stesso principio, tra gli altri, Tar Toscana, Sezione Seconda, sent. n. 138 del 29.1.2018, Tar Lombardia, Sezione Quarta, sent. n. 228 del 29.1.2018, Tar Lombardia, Sezione staccata di Brescia (Sezione Prima), sent. n. 234 del 26.2.2018, Tar Sicilia, Sezione Terza, sent. n. 811 del 6.4.2018 e Tar Calabria, Sezione Seconda, sent. n. 949 del 23.4.2018.

[9] La pronuncia è richiamata in senso adesivo da Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa, Sezione Autonoma di Bolzano, sent. n. 204 del 13.6.2018 e Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa, Sezione Autonoma di Bolzano, sent. n. 262 del 31.8.2018. Decidono in senso equivalente (pur in assenza di espresso richiamo), Tar Basilicata, Sezione Prima, sent. n. 508 del 27.7.2018 e Tar Basilicata, Sezione Prima, sent. n. 535 del 2.8.2018.

[10] Le pronunce sono state successivamente richiamate, in senso adesivo, tra gli altri, da Tar Lombardia, Sezione Seconda, sent. n. 1251 del 10.5.2018, Tar Lazio, Sezione Seconda Bis, ord. n. 5309 del 14.5.2018, Tar Lazio, Sezione Seconda Bis, ord. n. 5714 del 23.5.2018, Tar Lazio, Sezione Seconda Bis, ord. n. 5715 del 23.5.2018, Tar Sicilia, Sezione Prima, ord. n. 1074 del 15.5.2018, Tar Sicilia, Sezione staccata di Catania (Sezione quarta), ord. n. 1023 del 18.5.2018, Tar Lazio, Sezione Seconda Bis, ord. n. 5946 del 28.5.2018, Tar Campania, Sezione Prima, ord. n. 3639 del 1.6.2018, Tar Campania, Sezione Ottava, ord. n. 4014 del 18.6.2018, Tar Toscana, Sezione Terza, ord. n. 332 del 19.6.2018, Tar Lazio, Sezione Seconda Bis, ord. n. 6911 del 20.6.2018, Tar Campania, Sezione Ottava, ord. n. 4289 del 28.6.2018, Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Sicilia, sent. n. 423 del 16.7.2018, Tar Sicilia, Sezione staccata di Catania (Sezione seconda), ord. n. 1557 del 20.7.2018, Tar Sicilia, Sezione Seconda, ord. n. 1677 del 27.7.2018, Tar Campania, Sezione Ottava, ord. n. 5400 del 6.9.2018,

[11] Individuati nel Ministero della giustizia, Dipartimento dell’organizzazione giudiziaria, nel Servizio per l’informatica della giustizia amministrativa, nella Procura regionale della Corte dei conti e nel Prefetto della provincia territorialmente competenti.

[12] Pur non citata nella rassegna precedente in quanto risalente al 2016, interessante è l’ordinanza del Tribunale di Milano, Sez. V, n. 33200 del 8.12.2016, che fornisce numerose argomentazioni a supporto della validità della notifica effettuata da un avvocato ad un indirizzo estratto dall’IPA, incluso il ragionamento che conduce ad escludere la natura tassativa dell’elencazione di cui all’art. 16-ter D.L. 179/2012, dal momento che la nozione di “pubblico registro” va intesa come “pubblica riconducibilità dell’indirizzo al soggetto, per sua dichiarazione”, il che è espressione del principio “della responsabilità del recapito al momento della apertura della casella presso il provider e del conferimento di rilevanza pubblica mediante indicazione pubblicamente conoscibile”; principio quest’ultimo, a sua volta, rispondente “ad un principio di parità delle parti” poiché “il privato quando indica una casella PEC deve tenersi responsabile di quella domiciliazione informatica”.

[13] Sul punto, SAMARITANI, Prefazione, BOCCIA – CONTESSA – DE GIOVANNI, Codice dell’Amministrazione digitale, 2018, XV, in cui si osserva che “il nuovo testo del CAD introduce la ‘Carta della Cittadinanza Digitale’ fra i propri Principi Generali e riconduce al suo interno i diritti dei cittadini e delle imprese nei confronti della pubblica amministrazione … [diritti tra cui è inclusa] la comunicazione mediante l’uso delle tecnologie dell’informazione”.

[14] Sul punto, DE GIOVANNI, Il codice dell’Amministrazione digitale: genesi, evoluzione, principi costituzionali e linee generali, op. cit., 2018, 21 ss.

[15] Tra i vari commenti critici, si segnalano i seguenti: “Rimane … il problema rappresentato dal fatto che, ferma restando la necessità che l’indirizzo di posta elettronica risulti da pubblici elenchi (art. 3 bis, L. n. 53/1994), e la tassatività di questi ultimi (art. 16 ter, 1° comma, D.L. n. 17972012), l’elenco IPA, previsto dall’art. 57 bis D.Lgs. n. 82/2005, originariamente considerato pubblico registro pariordinato agli altri, inopinatamente è stato declassato con la modifica apportata dall’art. 45 bis, 2° comma, D.L. n. 90/2014” (TROPEA, Processo amministrativo – “Il buono, il brutto, il cattivo”: sulla notifica del ricorso a mezzo PEC nel processo amministrativo, Giur. It., 2016, V). Ed ancora: “Sarebbe forse stato opportuno rimodificare l’art. 16-ter del D.L. 179/12, qualificando anche l’indice di cui all’art. 6-ter del CAD quale elenco pubblico utile ai fini delle notifiche alle P.A.” (Commento sub art. 6-quater, op. cit., 2018, 74).

[16] L’assenza di specifiche sanzioni per la violazione dell’obbligo di comunicazione di un proprio indirizzo PEC ai sensi dell’art. 16.12 D.L. 179/2012 non ha certamente favorito l’adempimento delle pubbliche amministrazioni a tale obbligo informativo. Sul punto si veda SDANGANELLI, Profili ricostruttivi della notificazione degli atti a mezzo PEC in attesa del processo amministrativo telematico, LexItalia.it, n. 1/16.

[17] Per la prima volta, a quanto consta, nelle pronunce di cui a Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Sicilia, sent. nn. 216 e 217 del 12.4.2018, è stata disposta la segnalazione della mancata comunicazione del proprio indirizzo PEC da parte delle pubbliche amministrazioni parti dei relativi giudizi, al Ministero della giustizia, Dipartimento dell’organizzazione giudiziaria, al Servizio per l’informatica della giustizia amministrativa, alla Procura regionale della Corte dei conti e al Prefetto della provincia territorialmente competenti. In tali pronunce viene ipotizzato un “rischio di danno per l’Erario pubblico” quale conseguenza della mancanza di un indirizzo PEC nel Registro PP.AA. tenuto dal Ministero della Giustizia.

[18] Il riferimento è in particolare al possibile utilizzo dell’istituto di cui all’art. 17.1 quater D. Lgs. 82/2005, che consente a chiunque di presentare al c.d. difensore civico per il digitale segnalazioni o reclami in relazione a violazioni da parte delle pubbliche amministrazioni non limitate alle disposizioni D. Lgs. 82/2005, ma estese ad “ogni altra norma in materia di digitalizzazione ed innovazione della pubblica amministrazione” (in cui, all’evidenza, è da ricomprendere la disposizione di cui all’art. 16.12 D.L. 179/2012 che ha proprio la finalità di “favorire le comunicazioni e notificazioni per via telematica alle pubbliche amministrazioni”). Va peraltro tenuto in considerazione che al difensore civico per il digitale “sono attribuiti essenzialmente poteri di moral suasion e non già poteri coercitivi nei confronti delle pubbliche amministrazioni inadempienti. Infatti, a fronte delle segnalazioni ritenute fondate, il Difensore civico: (i) invita il soggetto responsabile a rimediare alla violazione tempestivamente e, comunque, non oltre trenta giorni; (ii) segnala le inadempienze all’ufficio competente per i procedimenti disciplinari di ciascuna amministrazione; (iii) pubblica le proprie decisioni nell’apposita area del sito Istituzionale” (Commento sub art. 17, op. cit., 2018, 110).

[19] Condivisibile sul punto è il comunicato stampa del Movimento Forense “Pubblici elenchi validi ai fini della notificazione e comunicazione degli atti in materia civile, penale, amministrativa e stragiudiziale” dell’11.3.2015 dove si chiedeva di equiparare ai “pubblici elenchi” “quelli comunque accessibili alle pubbliche amministrazioni” (http://www.movimentoforense.it/redazione/2015/03/11/movimento-forense-comunicato-notifiche-mezzo-pec-nei-confronti-delle-pubbliche-amministrazioni/).


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