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Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 13/11/2018 Scarica PDF

Dirigenza medica e incarichi: la Cassazione nega il trattamento economico accessorio al sostituto ex art. 18 CCNL 2000

Luigi Funari, Avvocato in Roma


Commento a Cassazione, sez. lavoro, n. 21565/2018


La Cassazione sez. Lavoro con la sentenza n. 21565 del 03.09.2018 (che si allega) conferma un recente, ma ormai consolidato, orientamento interpretativo secondo cui “la sostituzione nell'incarico di dirigente medico del servizio sanitario nazionale ai sensi dell'articolo 18 del c.c.n.l. dirigenza medica e veterinaria dell'8 giugno 2000, non si configura come svolgimento di mansioni superiori poiché' avviene nell'ambito del ruolo e livello unico della dirigenza sanitaria, sicché' non trova applicazione l'articolo 2103 c.c. e al sostituto non spetta il trattamento accessorio del sostituito ma solo la prevista indennità cd. sostitutiva, senza che rilevi, in senso contrario, la prosecuzione dell'incarico oltre il termine di sei mesi (o di dodici se prorogato) per l'espletamento della procedura per la copertura del posto vacante, dovendosi considerare adeguatamente remunerativa l’indennità sostitutiva specificamente prevista dalla disciplina collettiva e, quindi, inapplicabile l'articolo 36 Cost." (Cass. n. 16299/2015 e negli stessi termini Cass. n. 15577/2015, n. 584/2016, n. 9879/2017).

Tale principio trova conferma, sempre secondo questa pronuncia, nella non applicabilità alla dirigenza medica dell’art. 2103 c.c. (per quanto concerne la disciplina dello svolgimento di mansioni superiori) né dell’art. 52 del d.lgs. 165/2001 (disciplina delle mansioni) viste le peculiarità proprie della qualifica dirigenziale che “nel nuovo assetto, non esprime più una posizione lavorativa inserita nell'ambito di una carriera e caratterizzata dallo svolgimento di determinate mansioni, bensì esclusivamente l'idoneità professionale del soggetto a ricoprire un incarico dirigenziale, necessariamente a termine, conferito con atto datoriale gestionale, distinto dal contratto di lavoro a tempo indeterminato.” L’inapplicabilità dell’art. 2103 discende dall’equivalenza delle mansioni dirigenziali.

A ciò si aggiunge che è stata delegata alla contrattazione collettiva la determinazione del trattamento retributivo del personale con qualifica dirigenziale, per il quale l’art. 24 co. 3 del d. lgs. 165/2001 sancisce il principio della onnicomprensività ovvero che il trattamento medesimo “remunera tutte le funzioni ed i compiti attribuiti ai dirigenti in base a quanto previsto dal presente decreto nonché qualsiasi incarico ad essi conferito in ragione del loro ufficio o comunque conferito dall'amministrazione presso cui prestano servizio o su designazione della stessa”. 

Conseguentemente la disciplina dettata per la materia delle sostituzioni dall’art. 18 del CCNL della Dirigenza medica del 08/06/2000 limiterebbe il trattamento retributivo per il medico incaricato, provvisoriamente, di sostituire il titolare nell’incarico (per es. di direzione di struttura complessa di un ospedale) cessato dal ruolo e quindi con vacanza della funzione dirigenziale, alla semplice indennità sostitutiva di € 518,00. Questa sostituzione è consentita per il tempo necessario all’espletamento delle procedure concorsuali per la nomina del nuovo “primario” e può durare sei mesi prorogabili fino ad un anno. L’art. 18 non contiene però alcuna previsione per l’ipotesi in cui l’Azienda Ospedaliera, come purtroppo regolarmente accade, dopo il trascorrere dell’anno non dia inizio alla procedura selettiva per il nuovo conferimento dell’incarico; dunque, di fronte a questa negligenza non vi è sanzione.

Per lunghi anni la giurisprudenza di merito aveva riconosciuto ai dirigenti “precariamente” incaricati come sostituti, in tantissimi casi per alcuni anni, il diritto alla corresponsione del trattamento retributivo accessorio previsto per il conferimento stabile dell’incarico per tutti gli anni successivi ai sei mesi previsti dall’art. 18. Ma dopo questa ed altre pronunce del giudice di legittimità sembra avere posto la parola fine sulla questione. Anche perché in questa ultima pronuncia si da atto della non sussistenza di un contrasto giurisprudenziale e quindi dell’impossibilità della rimessione alle Sezioni Unite della Cassazione.

A mio avviso, la Cassazione da troppo risalto all’unicità del ruolo della dirigenza medica, fondato sull’equivalenza delle mansioni dirigenziali, per cui le diverse tipologie di incarichi non comportano rapporti di sovra o sotto ordinazione e sono manifestazione di attribuzioni diverse ma di pari dignità, non considerando che al dirigente legittimamente incaricato dello svolgimento di funzioni direttive specifiche viene riconosciuto un trattamento economico specifico. E ciò è pienamente conforme a quanto previsto dall’art. 24 co. 1 del d.lgs. 165/2001 secondo cui “il trattamento economico accessorio sia correlato alla funzioni attribuite, alle connesse responsabilità e ai risultati conseguiti”.

Questo aspetto è stato completamente trascurato dalla Cassazione laddove parlando di unicità del ruolo dirigenziale ha mancato di considerare che al dirigente incaricato quel trattamento accessorio viene riconosciuto proprio per l’ulteriore funzione attribuita e per la connessa responsabilità. Questo, invece, non viene riconosciuto al sostituto, che potrebbe durare nell’incarico per anni, perché quest’ultimo, in quanto dirigente medico, è idoneo e abilitato a svolgere quella funzione e perché il famoso art. 18 prevede solo un’indennità di sostituzione.

Inoltre, sempre seguendo il ragionamento della Suprema Corte, quest’ultima previsione sarebbe l’espressione della volontà pattizia delle parti cui è stato delegato il trattamento economico della dirigenza medica. Mi sembra però evidente che questo ragionamento rappresenti una forzatura in quanto si è attribuito alla volontà delle parti un contenuto molto esteso; ovvero, che le parti avessero inteso disciplinare anche la situazione purtroppo normale in cui le Aziende sanitarie ritardano anche per anni l’indizione della nuova procedura selettiva finalizzata al conferimento dell’incarico.

Questa interpretazione data dalla Cassazione finisce per legittimare questo abuso da parte delle Aziende del meccanismo della sostituzione negli incarichi dirigenziali, autorizzandole a ritardare, senza scadenza, la nomina del nuovo incaricato. Mi sembra che questo vada ben oltre il contenuto dell’art. 18 e soprattutto sia contrario ai principi di correttezza e buona fede che debbono regolare non solo le trattative contrattuali ma tutti i rapporti di lavoro.

Per questo motivo mi auguro che si possa arrivare ad una nuova lettura della materia da parte della Cassazione.


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