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Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 24742 - pubb. 16/01/2021.

Sulla indipedenza dell’attestatore nel concordato


Appello di Bologna, 20 Gennaio 2020. .

Concordato preventivo - Attestatore - Indipendenza


Il requisito dell’indipendenza dell’attestare nel concordato preventivo deve essere valutato in concreto di volta in volta e non può ritenersi escluso da un rapporto di consulenza occasionale né dalla circostanza che lo stesso vanti nei confronti dell’impresa un credito di entità non particolarmente rilevante. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)

 

La Corte (*).

Con tre decreti del 7 novembre 2019 il tribunale di Forlì rigettava, in assenza di opposizioni, i tre ricorsi distintamente presentati da T.F. spa (T.), holding del gruppo X”, nonché dalle controllate di questa, T. spa (avente ad oggetto la realizzazione di opere di ingegneria del sottosuolo e fondazioni speciali) e S. spa (svolgente attività di progettazione, realizzazione e commercializzazione di macchinari ed attrezzature per fondazioni e perforazioni), diretti ad ottenere l’omologazione degli accordi di ristrutturazione raggiunti da tali società con i rispettivi ceti creditori.

(*) Riteneva (...) il primo giudice di dover affrontare e risolvere negativamente una questione preliminare e pregiudiziale”, concernente l’indipendenza dell’Attestatore, nominato dalle tre ricorrenti nella persona del professor A.B.

Risultava, infatti, dalla stessa relazione dell’Attestatore che egli avesse svolto nell’ultima parte del 2017 e nel gennaio 2018, tramite la società XY srl (della quale egli era legale rappresentante e socio di riferimento), una consulenza in favore di T., avente ad oggetto la corretta contabilizzazione ed appostazione nel bilancio consolidato del valore di riscatto relativo a 64 contratti di leasing, per un corrispettivo di Euro 120 mila oltre iva, pagato in parte, tanto che nell’elenco dei creditori (allegato sub n.

(...)) risultava ancora un debito di T. di Euro 85,5 mila, peraltro contabilizzato a favore del professor L. personalmente e non dello XY srl.

Escluso che il credito potesse riferirsi all’attività di attestazione, il tribunale riteneva che tale prestazione pregiudicasse l’indipendenza dell’Attestatore, in ragione della previsione dell’art. 67, terzo comma, lettera d) della legge fallimentare, che, infatti, esclude l’indipendenza ove il professionista incaricato abbia prestato negli ultimi cinque anni attività di lavoro (autonomo o subordinato) in favore dell’imprenditore ricorrente.

Peraltro, l’indipendenza era anche esclusa - in virtù del disposto degli artt. 51 e 63 c.p.c. e 28, terzo comma, l.f. - dal fatto che il professor L. fosse ancora creditore al momento della redazione dell’attestazione e della presentazione dei ricorsi, a nulla rilevando che il professionista avesse rinunciato al residuo credito verso T. nel corso della procedura ex art. 182 bis lf.

Reclamano le tre società ricorrenti con tre distinti atti di 55 pagine, aventi contenuto identico.

I reclami non sono stati notificati ad alcun creditore, ma sono stati comunicati al Procuratore generale presso questa corte d’appello, che ha apposto un visto” in data 9 gennaio 2020.

(*) Con un primo motivo di gravame, variamente e diffusamente argomentato alle pagine 17-39, si sostiene che il testo dell’art. 67, terzo comma, lettera d), secondo il quale “(...) in ogni caso, il professionista deve essere in possesso dei requisiti previsti dall’articolo 2399 del codice civile e non deve, neanche per il tramite di soggetti con i quali è unito in associazione professionale, avere prestato negli ultimi cinque anni attività di lavoro subordinato o autonomo in favore del debitore” andrebbe interpretato, contrariamente a quanto ritenuto dal tribunale, nel senso che l’attività di lavoro infra quinquennale, preclusiva dell’indipendenza, è solo quella di carattere continuativo e non, invece, quella occasionale o uno actu”, come era stata quella resa dal professor L., peraltro solo in favore di T. e non anche delle sue controllate.

 

I motivi sono fondati.

Il tribunale di Forlì ha ritenuto che l’attestatore, professor L., fosse privo del requisito dell’indipendenza sia per avere svolto una prestazione professionale nel quinquennio precedente alla attestazione (tramite la XY srl, società a lui riferibile), sia perché figurava iscritto (in proprio) nell’e- lenco dei creditori allegato al ricorso per ristrutturazione della T. spa per Euro 85,5 mila: credito residuo derivante dall’attività professionale infra quinquennale predetta.

Più esattamente, nei decreti reclamati (pagine 24-25) si legge che la prestazione venne resa sul finire del 2017”, ossia nei mesi di ottobre e novembre 2017. Stessa affermazione è rinvenibile nei reclami (pagine 17, 29 e 30 e nota in calce), mentre l’Attestatore colloca la prestazione nel gennaio 2018.

Ora, in relazione al primo motivo di incompatibilità, le reclamanti fanno rilevare che - leggendo unitamente il disposto degli artt. 2399 c.c. e 67, terzo comma, lettera d) della legge fallimentare - la attività di lavoro subordinato o autonomo” (cui fa riferimento l’art. 67, terzo comma, lettera d), ostativa all’indipendenza, consisterebbe sempre in una prestazione di carattere continuativo e non occasionale o uno actu”.

Questa conclusione sarebbe desumibile dal testo dell’art. 2399 c.c. (richiamato dall’art. 67, terzo comma, lettera d lf), il quale - nel dettare le cause di ineleggibilità dei sindaci - esclude l’indipendenza ove il professionista sia legato alla società (o alle sue controllate e controllanti) da un rapporto continuativo di consulenza”.

Sicché l’interpretazione data dal tribunale sarebbe incoerente, in quanto - così ragionando - l’incompatibilità del professionista sussisterebbe solo in caso esistenza attuale di un rapporto di lavoro continuativo e non, invece, in caso di rapporto occasionale o uno actu” (art. 2399 c.c.), mentre nel caso di rapporto non più attuale (infra quinquennale) il professionista sarebbe incompatibile anche solo a seguito di una singola ed isolata prestazione: ne deriverebbe un trattamento di sfavore del professionista in presenza di prestazioni pregresse e di maggior favore in presenza di prestazioni in corso.

Osserva la Corte che la prestazione del professor L. è stata resa solo in favore della controllante T. (non invece delle altre due reclamanti, T. e S.) ed ha avuto ad oggetto, come già detto nella precedente parte narrativa, un parere contabile, concernente la corretta appostazione nel bilancio consolidato del valore di riscatto relativo a 64 contratti di leasing, per un corrispettivo di Euro (...), pagato in parte.

Ora, il primo motivo in base al quale il tribunale ha ritenuto carente l’indipendenza del professionista è fondato sul rilievo che il professor L. avrebbe reso una prestazione infra quinquennale di lavoro autonomo, in contrasto col disposto dell’art. 67, terzo comma, lettera d), quarto periodo, della legge fallimentare, il quale stabilisce quanto segue: in ogni caso, il professionista... non deve... avere prestato negli ultimi cinque anni attività di lavoro subordinato o autonomo in favore del debitore”.

Tuttavia le reclamanti eccepiscono che l’art. 67, terzo comma, lettera d), quarto periodo, prevede pure che l’attestatore incaricato debba essere in possesso dei requisiti di cui all’art. 2399 del codice civile”.

Per effetto di questo richiamo, quindi, l’attestatore è indipendente se non è legato alla società o alle società da questa controllate o alle società che la controllano o a quelle sottoposte a comune controllo da un rapporto di lavoro o da un rapporto continuativo di consulenza o di prestazione d’opera retribuita”.

Correttamente, dunque, le reclamanti ritengono che - essendovi contrasto tra le due previsioni (in quanto l’indipendenza è esclusa, secondo l’art. 2399 c.c., solo in caso di rapporto continuativo attuale, mentre, secondo l’art. 67 lettera d, essa è esclusa in presenza di un rapporto professionale infra quinquennale qualsiasi) - il disposto di legge vada armonizzato nel senso che la ratio di esso è quella di precludere l’indipendenza solo ove il rapporto professionale (infra quinquennale o attuale) sia caratterizzato dalla continuatività e non, invece, laddove tale rapporto sia consistito in una singola prestazione.

Non appare infatti ragionevole distinguere le due ipotesi ed escludere, quindi, l’indipendenza del professionista ove la prestazione continuativa sia terminata (art. 67 lettera d) e, correlativamente, affermarla ove tale prestazione sia in corso, purché essa sia anche occasionale (art. 2399 c.c.): ne deriva che il termine attività” contenuto nell’art. 67 lettera d) debba essere interpretato nel senso di riferirsi sempre ad una prestazione di durata.

E proprio di una singola ed isolata prestazione si è in presenza nel caso di specie, sol che si consideri che la consulenza resa dal professor L. è consistita in un unico parere, che - per quanto elaborato - rappresenta una prestazione uno actu”, ossia di natura meramente episodica.

Da ultimo, deve pure osservarsi che nella fattispecie si è trattato di una prestazione efficacemente definita eccentrica” dalle reclamanti, ossia vertente su un particolare aspetto contabile del bilancio consolidato 2016 della T. spa (oltretutto richiesta dagli amministratori indipendenti) e non avente rilievo ai fini della completezza della documentazione da allegare al ricorso per l’omologa (il cui piano è invece fondato sul bilancio T. 2018: la spalla contabile” di cui è cenno a pagina 31 reclamo).

Escluso, per quanto sopra esposto, che la prestazione resa dal professor L. nel 2017/2018 in favore di T. pregiudichi la sua indipendenza di giudizio, occorre ora verificare se la permanenza di un credito verso la controllante osti comunque alla predicabilità di tale requisito.

Anche in ordine a tale questione la Corte ritiene di dover rispondere negativamente.

Sul punto occorre premettere che l’art. 28, secondo comma, lf (che vieta la nomina a curatore di chi sia creditore del fallito) non è richiamato dall’art. 67, terzo comma, lettera d), sicché non può ritenersi che la sussistenza di un credito sia di per sé ostativa all’indipendenza, come avviene per il curatore fallimentare.

Il comma predetto, inoltre, non pare estensibile in via analogica, posto che il legislatore, all’art. 67, lettera d) lf, ha fatto un richiamo espresso alle sole lettere a) e b) dell’art. 28, pretermettendo del tutto qualsiasi riferimento al secondo comma: omissione che induce a ritenere che il richiamo non sia frutto di un carente coordinamento normativo.

Del pari non condivisibile appare il richiamo agli artt. 51 e 63 c.p.c., sol che si consideri che queste ultime disposizioni disciplinano l’incompatibilità del ctu nel processo civile, ossia in un procedimento contenzioso, caratterizzato dalla contrapposizione tra parti processuali, che è invece del tutto assente nel rapporto tra Attestatore e imprenditore.

Le norme predette sarebbero invece sicuramente invocabili in relazione all’ausiliario nominato dal tribunale, in quanto svolgente una funzione analoga a quella del consulente nominato dal giudice.

La fattispecie (ossia la titolarità di un credito dell’Atte- statore) va dunque sussunta nell’art. 67, terzo comma, lettera d), terzo periodo, della legge fallimentare, il quale dispone che il professionista è indipendente quando non è legato all’impresa e a coloro che hanno interesse all’operazione di risanamento da rapporti di natura personale o professionale tali da comprometterne l’indipendenza di giudizio”.

Ne deriva che la sussistenza di un credito pregresso dell’attestatore verso il soggetto che gli ha conferito incarico preclude la sua autonomia ove il rapporto creditorio sia “(...) tale da comprometterne l’indipendenza di giudizio”.

In altre parole, la disposizione di legge impone, in questo caso, un accertamento in concreto della carenza di autonomia decisionale dell’attestatore, che va ovviamente condotto tenendo presente tutti gli elementi di fatto rilevanti emersi in corso di causa.

(*) (...) Può ben convenirsi con le reclamanti, ove affermano che il credito del professor L. rappresentava una frazione marginale dei suoi introiti (in proprio e come socio di riferimento della XY srl), la cui irrilevanza ai fini economici è ben dimostrata dalla rinuncia dell’Attestatore al credito stesso, datata 30 ottobre 2019 (doc. n. 15): circostanze che sono tutte indicative della insussistenza di una compromissione in concreto dell’indipendenza del professionista.

Quanto sopra esposto pare confermato - a contrario - anche dal nuovo codice della crisi di impresa (D.Lgs.

n. 14 del 2019), il quale all’art. 2, lettera o) definisce, infatti, il professionista indipendente”, prevedendo che esso sia tale ove non sia legato all’impresa o ad altre parti interessate (...) da rapporti di natura personale o professionale (...)” con soppressione della frase tali da compromettere l’indipendenza di giudizio”, presente invece nell’attuale art. 67, terzo comma, lettera d), terzo periodo.

Col che sembra confermata - nella normativa attuale - la necessità di verificare in concreto se il rapporto di natura personale o professionale (nel cui concetto va ricompreso anche il rapporto di credito) sia tale da pregiudicare l’indipendenza di giudizio.

Oltre a quanto sopra, giova aggiungere che la prestazione professionale ed il credito di cui si è detto riguardano solo la controllante T., mentre tali prestazioni sono del tutto assenti in relazione alle due controllate T. e S.

Pertanto, dovendosi qui procedere ad una valutazione complessiva del piano o dei piani collegati (come efficacemente si esprime l’art. 285, quarto comma, del nuovo codice della crisi d’impresa), non è dato comprendere - a tutto concedere - perché debba essere necessariamente data prevalenza alla carenza di autonomia dell’Attestatore (assunta dal tribunale) nella procedura T., rispetto alla totale indipendenza del professionista sicuramente predicabile nelle procedure delle controllate T. e S.: interpretazione che contrasterebbe con lo spirito della norma, finalizzata a garantire l’obiettività sostanziale dell’operato del professionista.

 

P.Q.M.

in accoglimento del reclamo, omologa gli accordi di ristrutturazione proposti dalla reclamante.

Dep. il 20 gennaio 2020.