Deontologia


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 24200 - pubb. 17/09/2020

Scuola Superiore della Magistratura: il CSM non gode di discrezionalità assoluta

T.A.R. Lazio, 10 Agosto 2020. Pres. Amodio. Est. Correale.


Magistratura – Scuola Superiore della Magistratura – Scelta dei magistrati – Discrezionalità del Consiglio Superiore della Magistratura – Discrezionalità assoluta – Esclusione – Discrezionalità tecnica sindacabile per vizi di legittimità – Esame completo del curriculum dei magistrati – Necessità – Motivazione – Rispetto dei comuni canoni di trasparenza e par condicio – Ratio



Nella scelta dei magistrati da destinare alla formazione presso la Scuola Superiore della Magistratura, il CSM gode non di discrezionalità assoluta come pretende la difesa erariale bensì di discrezionalità tecnica sindacabile per tutti i vizi di legittimità e, sia pure nell'ambito di una valutazione d'insieme necessariamente qualitativa, deve effettuare l'esame completo del curriculum dei magistrati, trasfondendolo nella motivazione del provvedimento finale.

Come ogni altra procedura selettiva, infatti, anche tale scelta deve rispettare i comuni canoni di trasparenza e par condicio, dando conto sia dell'alta e specifica competenza professionale nonché delle specifiche esperienze di formazione e organizzative dei magistrati prescelti, sia delle ragioni della mancata scelta dei soggetti pretermessi, portando in comparazione i requisiti singoli e d'insieme di tutti gli aspiranti".

[Si tratta del primo caso di impugnazione di delibera del CSM riguardante la SSM risolto in senso favorevole all'impugnante]. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)


 


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 399 del 2020, proposto da


-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato Gianluigi Pellegrino, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, corso del Rinascimento, 11;

contro

Consiglio Superiore della Magistratura e Ministero della Giustizia, in persona dei legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso cui domiciliano “ex lege” in Roma, via dei Portoghesi, 12;

 

nei confronti

-OMISSIS-, non costituiti in giudizio;

 

per l'annullamento previa sospensione

del provvedimento di cui alla deliberazione CSM 4.12.2019 con cui sono stati nominati i componenti togati di spettanza del CSM per la formazione del Consiglio Direttivo della Scuola Superiore della Magistratura; di ogni altro atto, presupposto connesso e consequenziale tra cui per quanto occorra del bando-interpello di cui alla deliberazione CSM 5 giugno 2019.

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia e del Consiglio Superiore della Magistratura, con la relativa documentazione;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Visti l’art. 84 d. l. n. 18/2020, conv. in l. n. 27/2020, e l’art. 4 d.l. n. 28/2020, conv. in l. n. 70/2020;

Relatore nell'udienza del 24 giugno 2020, tenutasi in collegamento da remoto in videoconferenza, il dott. Ivo Correale come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO

Con rituale ricorso a questo Tribunale, il dr. -OMISSIS-, consigliere di Cassazione dal 2013, chiedeva l’annullamento, previa sospensione, del provvedimento in epigrafe, concernente la nomina dei sei componenti “togati” di spettanza del Consiglio Superiore della Magistratura (“CSM”) per la formazione del Consiglio Direttivo della Scuola Superiore della Magistratura, che non lo vedeva tra i prescelti, pur avendo superato una prima fase di valutazione che aveva ridotto a venti le originali novantasei domande presentate.

Il ricorrente, in sintesi, lamentava quanto segue.

“I. Falsità dei presupposti”.

Il dr. -OMISSIS- evidenziava che il “bando-interpello” del 5 giugno 2019 aveva considerato, quale criterio di scelta, la combinazione dell’esperienza giurisdizionale con l’esperienza acquisita nell'attività di formazione e nelle metodologie, così da valorizzare l'acquisizione di un “sapere pluralistico e aperto”. Spiccavano, tra queste, “…le pregresse specifiche esperienze nell'attività di formazione e in attività di rilevanza organizzativa; la comprovata attitudine all'approccio multidisciplinare: accanto all'esperienza acquisita nell'attività professionale, le attività di studio e di ricerca scientifica, connesse all'attività di formazione; il possesso di specifiche attitudini tecniche, culturali e organizzative, nonché la comprovata conoscenza delle problematiche della didattica e della formazione professionale; la conoscenza di una o più lingue straniere, attestate da idonea documentazione o da autocertificazione.”

Il CSM, però, secondo la ricostruzione del ricorrente, nell’esame del suo “curriculum” aveva riportato che era stato “referente della formazione a Lecce nel biennio 2005/07”, laddove l’incarico di “Referente per la Formazione Distrettuale per il settore civile” era stata dal marzo 2003 sino a marzo 2007, quindi per due mandati e quattro anni, secondo le delibere dello stesso CSM del 2003 e del 2005 che erano richiamate.

Altri errati presupposti di fatto erano quelli relativi alla circostanza di essere stato considerato relatore solo a quattro corsi presso la Scuola Superiore e il CSM, mentre invece erano stati quattordici; di essere stato considerato relatore per la formazione decentrata solo in due occasioni, quando invece si è trattato di ben quindici relazioni; di aver partecipato come relatore a convegni in trentatré convegni, anziché in quaranta; il tutto, come prodotto in atti.

II. Contraddittorietà manifesta. Perplessità. Difetto manifesto di motivazione”.

Per il ricorrente, prioritaria era l’esperienza presso il pregresso Comitato Scientifico presso il CSM - le cui funzioni sono ora assegnate al Consiglio Direttivo della Scuola Superiore della Magistratura – come desumibile anche da precedente delibera del CSM del 15 novembre 2017 ma, nel caso di specie, nessuno dei magistrati prescelti poteva vantare sul punto i dati esperienziali del ricorrente che era stato sia formatore per ben due mandati, sia componente del Comitato Scientifico presso il CSM, valorizzandosi per uno, addirittura il fatto di essere stato solo segretario della Commissione del CSM che si occupava dei rapporti tra il Consiglio stesso e il Comitato Scientifico.

Sempre considerando i prescelti, il dr. -OMISSIS- poneva in evidenza che uno non aveva mai ricoperto il ruolo di Componente del Comitato Scientifico del CSM né era stato mai formatore, altri due erano stati formatori decentrati, ma non Componenti del Comitato Scientifico, un’altra collega non era mai stata formatrice decentrata, vantando solo esperienza come componente del Comitato Scientifico; solo uno dei sei prescelti era stato sia Componente del Comitato Scientifico del CSM (unitamente al ricorrente e nello stesso periodo), che formatore decentrato, ma svolgendo tale funzione per un solo mandato, a fronte dei due (il massimo consentito) svolti dal ricorrente.

Contraddittorietà, poi, emergeva tra le argomentazioni riferite alle tematiche ritenute rilevanti al fine di selezionare i venti candidati per i quali era stata fissata l’audizione e l’oggetto dell’audizione medesima, e la motivazione poi utilizzata per la individuazione finale dei sei componenti del Comitato Direttivo, laddove per la prima fase era posto in rilievo il ruolo della formazione e la redazione di un progetto organizzativo specifico, che però il solo ricorrente aveva in concreto allegato.

Contraddittorietà era rilevata anche nella parte in cui il CSM aveva valorizzato la collaborazione di una dei magistrati prescelti nell’attività di tirocinio distrettuale e in quella riferita agli specializzandi delle SSPL, senza tenere conto di dati che, nell’ambito della medesima formazione iniziale, assumevano rilievo oggettivamente maggiore, quale era la specifica esperienza maturata da chi, come il ricorrente, quale componente del Comitato Scientifico, aveva svolto l’attività di livello nazionale per i corsi di formazione iniziale, che sono quelli di maggiore durata e maggiore complessità e che richiedono il più gravoso impegno, trattandosi della gestione di trecento nuovi magistrati, divisi tre gruppi, per cinque giornate divise in non meno di otto sessioni.

Contraddittoria e perplessa si mostrava, poi, la delibera impugnata, nella parte in cui valorizzava il ruolo da formatore decentrato di chi aveva solo coordinato, in tale veste, l’incontro formativo “La formazione dei formatori”, senza considerare, la funzione oggettivamente più rilevante e complessa svolta da chi, come il ricorrente, aveva direttamente organizzato e coordinato la medesima tipologia di corso. Il dr. -OMISSIS-, infatti, quale componente del Comitato Scientifico del CSM, aveva svolto funzione di organizzazione e coordinamento del “Corso Carlo Verardi per la formazione dei formatori” ed aveva coordinato proprio la sessione centrale avente ad oggetto: “Bilancio sulle nuove metodologie della formazione”, concernenti le relazioni “frontali”, le forme di partecipazione “attiva” dei discenti, i “discussants”, le tavole rotonde, i gruppi di lavoro, gli incontri di “aggiornamento giurisprudenziale”, i corsi condivisi.

Il ricorrente, quindi, riproponeva i punti salienti del suo “curriculum”, come formatore decentrato e componente del Comitato Scientifico, per dimostrare che era stata manifestamente irrazionale la preferenza accordata ad altri magistrati, a fronte di loro oggettive minusvalenze esperienziali e in pacifica assenza di altri elementi preferenziali, infatti in alcun modo evidenziati.

Né la circostanza per la quale cinque componenti sono nominati dal Ministro della Giustizia anche tra magistrati “a riposo” poteva giustificare la scelta di non meglio precisata ottimale composizione collegiale dell’organismo, peraltro non nella disponibilità del CSM.

III. Segue: eccesso di potere per perplessità, contraddittorietà e irrazionalità manifeste”.

Il ricorrente notava che, sulla formazione internazionale, a tutti i sei prescelti il CSM riconosceva una qualificata esperienza, salvo affermare, per uno, che aveva solo tenuto seminari sulle sentenze della CEDU come Fonte del Diritto e che le relazioni tenute erano state pubblicate su riviste nazionali.

Inoltre, l’esperienza in tema di formazione comunitaria ed internazionale era stata erroneamente confusa, per una dei prescelti, con la conoscenza della lingua inglese e con la programmazione dei corsi di apprendimento della lingua straniera.

In più, vi era stata l’omessa considerazione del fatto che il ricorrente aveva coordinato ed organizzato incontri di diritto internazionale e comunitario, quale componente del Comitato Scientifico.

L’impugnata delibera valorizzava anche l’esperienza informatica, che però era elemento del tutto irrilevante, fermo restando che vi era stata sopravvalutazione anche di tale aspetto per una dei prescelti mentre per altri due non si indicava alcun elemento in proposito.

Sull’attività giurisdizionale espletata, di merito/legittimità, l’atto gravato si limitava ad una esposizione meramente descrittiva, senza alcun apprezzamento motivazionale, pur dando atto lo stesso CSM della centralità di tale criterio.

In merito, il ricorrente ricordava di avere maturato una preponderante competenza in ambito civile, con lunghi e qualificanti intervalli in ambito penale (18 mesi in Corte d’appello penale e 18 mesi in Corte di cassazione penale), svolgendo funzioni di giudice di merito e di giudice di legittimità, il cui riconoscimento, come noto, richiede una specifica, previa, valutazione della capacità scientifica e di analisi delle norme da parte di una apposita Commissione Tecnica.

Anche l’attualità nelle funzioni giurisdizionali, pure richiesta, non era stata valutata almeno per uno dei prescelti, rientrato da un protratto “fuori ruolo” da pochi mesi e senza considerare l’impedimento giuridico alla protrazione dei tale “fuori ruolo” oltre il decennio ammesso.

In sostanza, per il dr. -OMISSIS-, la determinazione impugnata era in realtà priva di motivazione - tanto meno comparativa - come dovuto dalla procedimentalizzazione connessa al carattere amministrativo della funzione, con una certa “opalescenza” che non rendeva chiaro il criterio seguito, esorbitando così da una corretta applicazione della discrezionalità amministrativa legata alla cura dell’interesse pubblico primario.

La procedura in questione era di tipo necessariamente concorsuale, con una pluralità di candidati, in cui dovevano individuarsi “i migliori”, con una attività valutativa e di giudizio, legata al “principio meritocratico” secondo quanto indicato nello stesso “bando-interpello”, volta a una scelta motivata e leggibile e non “politica” o di natura “fiduciaria”.

Gli indici predeterminati e ritenuti rilevanti, se non assolutamente decisivi, vincolavano però l’organo di autogoverno a prenderli espressamente in considerazione e a, puntualmente, motivare su di essi.

IV. Eccesso di potere e violazione di legge sotto ulteriore profilo”.

Il ricorrente specificava che il suo interesse poteva trovare piena tutela in esito alla necessaria rinnovazione procedimentale che conseguiva alla richiesta censura degli atti gravati, ma in subordine, ove si ritenesse la contestata arbitrarietà delle scelte effettuate frutto di una insufficiente definizione dei criteri di scelta, emergeva l’illegittimità dell’operato della Commissione, nonché, per quanto occorresse, del bando-interpello nella parte in cui non erano stati previamente enucleati dai criteri per più specifici oneri motivazionali, con adeguata ponderazione e così da consentire una legittima valutazione comparativa.

La scelta di candidati in una procedura che non può non essere di tipo concorsuale (trattandosi nella specie di assegnare funzioni organizzative e amministrative in organismo peraltro esterno al CSM) retta dal principio di legalità e dal criterio meritocratico, con criteri in buona parte predeterminati dalla legge, è infatti attività di giudizio sorretta da regole tecniche (che tali sono, ad es. in materia di nomine di direttivi, i criteri misuratori di attitudine e merito o i parametri evincibili dal bando-interpello per la SSM) e non attività politica o meramente discrezionale né, tanto meno, arbitraria.

Si costituivano in giudizio il CSM e il Ministero della Giustizia per resistere al ricorso, affidando a una distinta memoria per la camera di consiglio le relative tesi.

La domanda cautelare era cancellata dal ruolo alla camera di consiglio del 12 febbraio 2020.

In prossimità della trattazione di merito, parte ricorrente depositava una “memoria notificata”, evidentemente a valere quali motivi aggiunti.

Nello specifico, il ricorrente poneva l’accento sulla situazione di uno dei prescelti, che risultava prossimo all’esaurimento del periodo massimo in “fuori ruolo” e che sarebbe incorso in imminente decadenza dalla nomina – comportando anche l’incarico in affidamento il “fuori ruolo” - altrimenti presupponendo come scontato l’accoglimento di una sua pretesa di essere esonerato dal fuori ruolo, per poter contestualmente svolgere anche le funzioni giurisdizionali, come appariva desumibile da successiva delibera del 24 gennaio 2020, ivi pure impugnata, e che era in evidente contraddizione con quanto già disposto in precedenti occasioni, ove si negava l’esonero in questione.

Replicavano, con distinta memoria, le Amministrazioni costituite, eccependo – oltre l’infondatezza del motivo - la carenza di interesse del ricorrente a contestare le modalità di svolgimento delle funzioni di componente del Comitato direttivo e l’impegno contestuale del magistrato interessato a svolgere le proprie funzioni giudiziarie ordinarie, una volta terminata la fase di selezione degli aspiranti.

Parte ricorrente, infine, depositava una ulteriore memoria e un’istanza di passaggio in decisione ex art. 4 d.l. n. 28/2020.

All’udienza del 24 giugno 2020 la causa era trattenuta in decisione.

 

DIRITTO

Esaminando il primo motivo di ricorso, il Collegio rileva che la delibera impugnata, nell’indicare in sintesi le esperienze professionali dei candidati, in relazione al dr. -OMISSIS- afferma che è stato “referente della formazione a Lecce nel biennio 2005/07”.

Il ricorrente sostiene che il CSM, sul punto, abbia omesso di considerare che, in realtà, l’incarico in questione era stato svolto sin dal marzo 2003, come dalla relativa delibera del CSM del 20 febbraio 2003.

Il Collegio rileva, però, che nella sua autorelazione depositata in giudizio, il ricorrente stesso afferma esattamente quanto indicato nella delibera impugnata, laddove è detto dall’interessato: “Ho ricoperto l’incarico di Referente per la Formazione Distrettuale di Lecce per il settore civile e del lavoro (delibera 667/FD/2004 1.2.05) per due mandati, con decorrenza 21.2.2005 sino a marzo 2007” (pag. 5). Non risultando allegata la delibera suddetta ma non avendo il Collegio ragione di dubitare che vi sia stato l’effettivo svolgimento per due mandati, anche in assenza di indicazione sul punto nelle difese del CSM, si ritiene però, concordando con l’esposizione di queste ultime sul punto, che l’omessa indicazione del rinnovo dell’incarico di formatore decentrato sia priva di rilevanza sostanziale, non essendo stata considerata la durata della formazione decentrata come un aspetto di per sé assolutamente decisivo e discriminante.

Sul punto, comunque, il Collegio non può fare a meno di rilevare che il ricorrente lamenta anche l’erronea valutazione di altre esperienze, in relazione alla partecipazione come relatore a quattro corsi presso la Scuola Superiore e il CSM, invece di quattordici, alle funzioni di relatore per la formazione decentrata per due volte, invece di quindici, alla partecipazione come relatore a trentatré convegni, invece di quaranta.

In tal caso, tali indicazioni erano presenti nella autorelazione del ricorrente e, in assenza di controindicazioni specifiche sul punto da parte delle difese del CSM, il Collegio ritiene che l’omissione sia in effetti presente.

Ora, è chiaro che, come detto in precedenza, nel caso di specie la valutazione dei magistrati non è di tipo meramente “quantitativo” nella procedura in esame ma il Collegio ritiene che tali dati non potevano essere pretermessi, o quantomeno considerati in misura minore del reale, nella valutazione del profilo del singolo magistrato che, sia pur in un quadro di “insieme” di tipo essenzialmente qualitativo, non può prescindere – proprio perché collocata in una valutazione comunque comparativa con altri magistrati che hanno presentato domanda – da un esame completo dei rispettivi “curricula”.

Detto ciò ed esaminando il secondo e terzo motivo di ricorso, il Collegio deve soffermarsi sulle ragioni addotte in questa sede dall’Amministrazione.

In sintesi e in linea generale, CSM e Ministero costituito, partendo dalla base normativa di cui all’art. 6 del d.lgs. n. 26/2006 (integrato dall’art. 12, commi 12 e 13, d.lgs. n. 160/06, dal Testo Unico sulla Dirigenza Giudiziaria e dalla Circolare n. 13778/2014 sulle funzioni di legittimità), sostengono che tale disposizione non predetermina alcuna competenza specifica o titolo professionale che debbano possedere i componenti del Comitato Direttivo, limitandosi a prevedere come requisito di legittimazione esclusivamente il conseguimento della terza valutazione di professionalità (dodici anni di anzianità di servizio), sussistendo un meccanismo dichiaratamente di tipo “concorsuale” solo per il conferimento di funzioni direttive di merito e/o di legittimità.

Per la designazione del Comitato Direttivo della Scuola della Magistratura, invece, il legislatore, attraverso una norma “in bianco”, avrebbe assicurato al CSM, quale Organo di autogoverno della Magistratura, la più ampia discrezionalità nella designazione dei relativi componenti, coerentemente, peraltro, con l’importanza, non solo nell’ordinamento giudiziario italiano, ma anche internazionale, del ruolo istituzionale della Scuola, tanto che lo stesso Presidente viene designato “per chiara fama”.

Dall’esame delle competenze della Scuola (art. 2 d.lgs. cit.), si evincerebbero le ragioni della scelta del legislatore di privilegiare una disciplina minimale, limitata solo agli aspetti procedimentali, con esclusione della predeterminazione di qualsiasi criterio obbligato di selezione.

Pur ammettendo che comunque la nomina in questione può essere oggetto di sindacato giurisdizionale laddove, dettati dei criteri di selezione, non se ne faccia applicazione o si effettuino nomine palesemente irrazionali, le Amministrazioni costituite ritengono che nel caso di specie ciò non sia avvenuto, dato che la procedura non era volta – a differenza di quanto ritenuto dal ricorrente - a scegliere “i migliori”, ma semplicemente a costituire un Comitato Direttivo completo e variegato, quanto alle competenze e alle esperienze professionali, che fosse in grado di garantire che la pianificazione e l’organizzazione dei corsi avvenisse avvalendosi di conoscenze “complete” nella materia della formazione, di una prospettiva culturale poliedrica frutto di un articolato dibattito interno, nonché di competenze idonee ad operare all’interno della Rete Europea di Formazione giudiziaria.

Potrebbe accadere, quindi, che, in ipotesi, “…un magistrato meno esperto (ad esempio appena conseguita la III valutazione di professionalità) sia l’unico portatore di una determinata competenza (informatica, linguistica, internazionale, etc.) e che il Consiglio lo preferisca ad altro magistrato, con una esperienza professionale molto più nutrita, ma totalmente o parzialmente sovrapponibile a quella di uno o più degli altri componenti, in modo da evitare che vi sia una duplicazione di alcune competenze e una lacuna per altre” (pag. 13, prima memoria Avvocatura). L’interpello come congegnato, precisano le Amministrazioni, seguiva proprio tale impostazione.

In merito, il Collegio osserva quanto segue.

L’art. 6 d.lgs. n. 26/2006 (nel testo introdotto dall’art. 3 l. n. 111/2007) pone solo un requisito “minimo” di partecipazione al Comitato Direttivo che, per quanto riguarda i magistrati, prevede il conseguimento almeno della terza valutazione di professionalità, demandando al CSM la relativa “nomina”.

Ebbene, il Collegio ritiene che, proprio perché si fa riferimento a una “nomina”, i relativi provvedimenti adottati dal CSM, sebbene espressione di una ampia valutazione discrezionale, sono comunque sindacabili in sede di legittimità, estendendosi alla verifica della sussistenza di quei vizi in cui si declina la figura dell'eccesso di potere, secondo i relativi profili sintomatici dell'illogicità, dell'irragionevolezza o travisamento dei fatti, nonché della carenza di motivazione e/o di istruttoria (per tutte: Cons. Stato, Sez. IV, 11.2.16, n. 597).

Il Collegio ritiene, poi, che se non si riscontra un’ulteriore indicazione legislativa e le stesse difese del CSM ricorrono, come base ulteriore, al d.lgs. n. 160/2006 e alla normativa secondaria sul conferimento di funzioni direttive e/o di legittimità, ne consegue che per la discrezionalità di cui il CSM gode nel valutare i requisiti attitudinali dei magistrati al fine del conferimento di tale nomina, emerge la necessità che tali atti manifestino che l'Organo di autogoverno abbia attentamente esaminato e valutato tutti gli elementi rilevanti di ogni “curriculum” dei candidati (TAR Lazio, Sez. I, 2.12.16, n. 12070).

Una volta che viene concesso ai magistrati di presentare una domanda e di allegare documentazione a sostegno e comprova dei requisiti vantati, è obbligo del CSM valutare in pieno ogni posizione di ciascun interessato e darne conto nella delibera conclusiva del procedimento.

Sotto questo profilo, quindi, emerge in primo luogo la carenza evidenziata dal ricorrente nel primo motivo in ordine a quanto sopra detto, in disparte la dichiarazione sul solo biennio di formazione decentrata.

Tornando ad approfondire le deduzioni di cui al secondo e terzo motivo di ricorso, il Collegio rileva che nel “bando-interpello” non si riscontra la drastica conclusione cui perviene la difesa erariale in questa sede.

In relazione alla parte seconda, contenente i criteri per l’interpello, il CSM ha precisato che i magistrati interessati avrebbero dovuto comunicare la propria disponibilità all’incarico, indicare i “titoli” e le “esperienze acquisite”, al fine di consentire al Consiglio di “valutarne l’idoneità”.

Quest’ultimo inciso fa ritenere che, lungi dal considerare assenti criteri specifici di selezione (tanto che il punto 2 recita proprio “I criteri per l’interpello”), in presenza di una valutazione di “idoneità” è chiaro che non bastava il requisito minimo del conseguimento della terza valutazione di professionalità, se erano richiesti titoli ed esperienze acquisite al fine di sottoporli al vaglio dell’Organo decidente, che era chiamato comunque a fare una selezione tra più aspiranti.

Il Collegio ritiene poi che tale selezione, pur facendo capo all’ampia discrezionalità riconoscibile all’Organo di autogoverno, non possa prescindere dal rispetto dei comuni canoni di trasparenza e “par condicio” propri di ogni procedura selettiva, anche perché – nello specifico – i magistrati prescelti possono vantare nel proprio “curriculum” anche tale esperienza, ben valida in seguito quale criterio generale di preferenza ai sensi dell’attribuzione di funzioni direttive e semidirettive, ex art. 6 e ss. T.U. sulla dirigenza giudiziaria.

Il bando-interpello prosegue nello specificare che non solo è richiesta la rappresentazione di tutte le professionalità, su cui particolarmente ha insistito nelle sue difese il CSM, ma anche una “alta e specifica competenza professionale dei suoi componenti”, con ciò chiarendo che il riscontro di tale “competenza” non poteva che essere demandato a una scelta del CSM, sì discrezionale ma inevitabilmente tecnica e, di conseguenza, da motivarsi in maniera congrua, al fine di fare conoscere le ragioni per le quali i prescelti siano stati ritenuti più “idonei” dei rimanenti colleghi partecipanti alla procedura.

Pari valore, quindi, il bando-interpello riconosceva tanto alle esperienze giurisdizionali quanto alle “pregresse specifiche esperienze nell’attività della formazione e in attività di rilevanza organizzativa”. Particolare rilievo era annesso alle esperienze formative e istituzionali maturate in ambito internazionale, nonché alla “attualità e permanenza nelle funzioni giurisdizionali”.

Rimanendo su tale ultimo requisito, il Collegio rileva che acquistano spessore le doglianze del ricorrente, come esposte nella memoria “notificata”, volte a rilevare la perplessità e contraddittorietà dell’operato del CSM nella selezione del magistrato controinteressato, come indicato, a cui era riconosciuto nel gennaio 2020 l’esonero parziale dalle funzioni giudiziarie.

Il Collegio, in relazione all’eccezione di carenza di interesse sollevata dall’Avvocatura erariale, rileva che quanto dedotto dal ricorrente, in realtà, può essere collocato nel quadro generale e sostanziale di impostazione del gravame, rivolto alla selezione dei sei magistrati in questione, al fine – come detto – di rilevare la perplessità dell’operato del CSM al momento della scelta dell’interessato.

Valga sul punto, infatti, osservare che, nella stessa delibera del CSM del 24 gennaio 2020 in subordine impugnata, è detto che il magistrato poi prescelto aveva già formulato l’istanza di esonero sin dal momento di manifestazione della disponibilità a essere nominato nel nuovo Comitato Direttivo e, anzi, tale disponibilità “preventiva” rendeva possibile l’esonero, ex art. 6, comma 2, d.lgs. n. 26/06, a differenza di altro magistrato che l’aveva chiesto solo dopo la nomina.

Ebbene, mentre la delibera in questione del gennaio 2020 in effetti non crea lesione diretta alla posizione giuridica del dr. -OMISSIS-, riguardando le successive modalità di svolgimento delle funzioni e non la fase di selezione, non altrettanto deve dirsi per quanto riguarda il contenuto della censura originaria riconducibile al secondo e terzo motivo di ricorso.

In effetti, se “particolare rilievo” era dato nel bando-interpello alla attualità e permanenza nelle funzioni giurisdizionali e se nella stessa delibera del gennaio 2020 era evidenziato che la regola vuole la collocazione in “fuori ruolo”, costituendo l’esonero parziale una mera eccezione al fine tendenziale di garantire la piena funzionalità della Scuola, non si comprende per quale ragione sia stato preferito il magistrato in questione, già stato a lungo in “fuori ruolo”, che aveva già “ a monte” dichiarato di non potere assicurare nuovamente tale “fuori ruolo” e che doveva avvalersi dell’esonero, sia pure legislativamente previsto dal comma 2, dell’art. 6 cit., come richiamato dalla difesa erariale.

Tutto ciò a meno che lo stesso CSM non avesse illustrato, con congrua motivazione, l’insostituibilità della specifica persona del magistrato, poi nominato, al fine di completare quel coacervo di esperienze differenziate che, nelle sue difese in questa sede, viene posto a base della scelta definitiva dei sei magistrati, ma così non risulta e, anzi, tale particolare situazione del magistrato in questione non viene messa per nulla in evidenza.

Ciò consente di ricollegarsi con le altre censure proposte dal ricorrente in ordine al metodo illustrativo usato dal CSM.

Esaminando il tessuto motivazionale della delibera impugnata, il Collegio rileva che esso è tutto ed esclusivamente orientato a illustrare, in assoluto, la figura dei sei magistrati prescelti, senza alcun approfondimento sulle valutazioni comparative con gli altri venti aspiranti, come già (pre)selezionati. In sostanza, il CSM ha dato luogo a una sorta di valutazione comparativa “assoluta”, laddove – anche in considerazione di quanto detto nelle sue difese in questa sede sulla eterogeneità della composizione del Comitato derivante dall’impostazione del bando-interpello - era dovuta, ad opinione del Collegio, comunque una valutazione comparativa “relativa”.

Ciò nel senso che, una volta pure logicamente effettuata la valutazione in “assoluto” che aveva portato alla prima selezione dei venti aspiranti e svolta anche l’audizione di tutti costoro, a quel punto il CSM doveva comunque illustrare le ragioni per le quali riteneva proprio i sei poi prescelti come i magistrati più idonei a consentire quella composizione orientata a “una prospettiva culturale poliedrica” invocata in questa sede.

Nel caso di specie, in particolare, risulta tra i suddetti sei la presenza di due consiglieri di Cassazione – come il ricorrente - nonché di un Sostituto Procuratore Generale presso la stessa Corte senza che si rilevi la ragione perché, almeno i primi due, siano stati preferiti nel senso suddetto al dr. -OMISSIS-.

Nella delibera impugnata si rinviene solo un breve accenno alle figure e alle esperienze professionali dei magistrati pretermessi, a fronte di un approfondito “excursus” su quelle dei sei prescelti, da cui manca, però, una valutazione comparativa, sia pure sintetica, che possa fare ritenere le scelte effettuate come pienamente rispondenti alla logica seguita, dandosi luogo, altrimenti, a una sorta di scelta “fiduciaria” che non emerge come modalità idonea a legittimare la decisione finale, ricadente su venti magistrati, comunque ritenuti validi dopo una prima selezione di massima e pure “auditi” singolarmente.

Spessore quindi acquisiscono le censure del ricorrente, di cui al secondo e terzo motivo di ricorso, in ordine alla carenza di motivazione; né a tale mancanza possono sopperire in questa sede le difese delle Amministrazioni costituite, essendo ben noto il principio della illegittimità della integrazione della motivazione in sede giurisdizionale (per tutte: Cons. Stato, Sez. II, 18.6.20, n. 3909 e Sez. VI, 11.5.18, n. 2843).

Emerge, pertanto, la dedotta insufficienza e contraddittorietà logica della motivazione in base alla quale il CSM ha dato conto del modo in cui, nel caso concreto, gli stessi criteri da esso enunciati sono stati applicati per soppesare la posizione di contrapposti candidati, almeno, per quanto qui rileva, in relazione alla posizione del ricorrente e alla sua specifica competenza professionale, in quanto tale funzionale alla realizzazione di un’elevata formazione iniziale e permanente, tenendo conto degli stessi criteri enunciati dal CSM sulla centralità delle esperienze maturate nella giurisdizione, sia di merito sia di legittimità più che sulle esperienze internazionali, che la difesa del CSM esalta per alcuni candidati prescelti.

Alla luce di quanto dedotto, pertanto, la fondatezza dei primi tre motivi consente di assorbire il quarto, esposto in via subordinata.

Il ricorso, per tale ragione, può trovare accoglimento, laddove i motivi aggiunti sono inammissibili per carenza di interesse sulla specifica parte dispositiva riguardante l’esonero concesso, pur costituendo valido supporto ai fini del corroborare quanto già lamentato nel gravame introduttivo.

Di conseguenza, il CSM dovrà rivalutare la posizione del ricorrente e motivare dettagliatamente sulle ragioni di preferenza specifica, rinnovando il relativo procedimento di comparazione “relativa”.

La novità della fattispecie consente di compensare eccezionalmente le spese di lite.

 

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso e la memoria a valere come motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, accoglie il ricorso, dichiara inammissibile la seconda e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato nei sensi di cui in motivazione. Salvi ulteriori provvedimenti del CSM.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 9, paragrafo 1, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare le generalità del ricorrente.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 24 giugno 2020, in collegamento da remoto in videoconferenza, secondo quanto disposto dall’art. 84, comma 6, d.l. n. 18/2020, come convertito in l. n. 27/2020, con l'intervento dei magistrati:

Antonino Savo Amodio, Presidente

Ivo Correale, Consigliere, Estensore

Lucia Maria Brancatelli, Primo Referendario.