Esecuzione Forzata


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 23812 - pubb. 03/07/2020

Estinzione per infruttuosità della espropriazione immobiliare sulla base di giudizio prognostico basato su dati obiettivi

Cassazione civile, sez. III, 10 Giugno 2020, n. 11116. Pres. Roberta Vivaldi. Est. De Stefano.


Esecuzione forzata – Espropriazione immobiliare – Estinzione per infruttuosità – Soddisfacimento non irrisorio del credito – Ulteriore soddisfazione rispetto alle sole spese di procedura



In tema di espropriazione immobiliare, la peculiare ipotesi di chiusura anticipata della procedura ai sensi dell’art. 164 bis disp. att. cod. proc. civ. ricorre e va disposta ove, invano applicati o tentati ovvero motivatamente esclusi tutti gli istituti processuali tesi alla massima possibile fruttuosità della vendita del bene pignorato, risulti, in base ad un giudizio prognostico basato su dati obiettivi anche come raccolti nell’andamento pregresso del processo, che il bene sia in concreto invendibile o che la somma ricavabile nei successivi sviluppi della procedura possa dar luogo ad un soddisfacimento soltanto irrisorio dei crediti azionati ed a maggior ragione se possa consentire soltanto la copertura dei successivi costi di esecuzione. (Giuseppe Caramia) (riproduzione riservata)


Segnalazione dell’Avv. Giuseppe Caramia - giuseppe@caramiasantamato.it


Fatto

1. Nella procedura espropriativa immobiliare intentata ai danni dei coniugi A.B. e ca.ca. dalla Banca Popolare dell'Etruria e del Lazio s.c. a r.l. davanti al Tribunale di Roma con atto di pignoramento notificato il 19/07/2007 (relativa alla proprietà superficiaria di porzione di villino al n. (*) e nella quale avevano dispiegato intervento la Equitalia Gerit spa, poi la Equitalia spa ed infine tale D.E.S.A. srl), il bene staggito fu venduto il 14/10/2015 per Euro 270.000 dopo numerose rifissazioni con ribasso del prezzo a base di gara originario di Euro 780.000.

2. Il C. aveva peraltro depositato, il 09/10/2015, istanza di estinzione della procedura fondata sulla notevole sproporzione tra prezzo offerto e prezzo di stima e per conseguente impossibilità di un ragionevole soddisfacimento delle ragioni di almeno alcuni dei creditori e per il gravissimo danno che avrebbe subito il debitore, in subordine invocando la sospensione della vendita ai sensi dell'art. 586 c.p.c.; ma il giudice dell'esecuzione (ordinanza 03/11/2015) respinse l'istanza cautelare e aggiudicò l'immobile all'offerente Ca.Da., pure rinviando per il riparto della somma ricavata.

3. Fu depositato il 23/11/2015 ricorso ai sensi dell'art. 617 c.p.c. da A.B., che invocò pure il sopravvenuto art. 164 bis disp. att. c.p.c.; ma, ciononostante, fu emesso decreto di trasferimento (il 17/03/2016), che fu a sua volta opposto con ulteriore ricorso ai sensi dell'art. 617 c.p.c., depositato il 06/04/2016 da A.B. e da C.L., unica erede rimasta della condebitrice ca.ca., mancata ai vivi il (*), fondato su ragioni in gran parte comuni alla prima opposizione ed incentrato sulla gravissima crisi del mercato immobiliare, quale ragione di ingiustizia dell'aggiudicazione al prezzo in concreto maturato.

4. Nondimeno, il giudice dell'esecuzione riunì le opposizioni e rigettò le istanze di sospensiva (ordinanza 10/05/2016, comunicata il 09/06/2016), escludendo sussistessero i presupposti per applicare sia l'art. 586 c.p.c. che l'art. 164 bis disp. att. c.p.c.

5. Notificato dagli opponenti alle controparti l'atto di citazione per il merito, si costituirono solo il successore del procedente - Nuova Banca dell'Etruria e del Lazio - e l'aggiudicatario Ca., chiedendo il rigetto delle domande: e, precisate le conclusioni, alla stessa udienza del 23/02/2017 il tribunale decise le controversie riunite ai sensi dell'art. 281 sexies c.p.c., rigettando le opposizioni e condannando gli opponenti alle spese del grado, liquidate in Euro 8.000 - oltre accessori - per ciascuna delle parti costituite.

6. A fondamento del rigetto il giudice capitolino pose, quanto agli argomenti basati sull'art. 586 c.p.c., i principi elaborati da Cass. 18451/15 (pure addotta, ma a loro vantaggio, dai ricorrenti) e, quanto a quelli riferiti all'art. 164 bis disp. att. c.p.c., la ricostruzione dell'istituto con l'esclusione di un interesse del debitore e con il rilievo della fruttuosità almeno parziale della vendita.

7. Per la cassazione di tale sentenza, pubblicata in data pari a quella dell'udienza e recante il n. 3626/17, ricorrono, con atto articolato su quattro motivi e notificato il 23/08/2017, E. e C.L.; notifica a mezzo p.e.c. controricorso il 10/10/2017 solo la Banca Tirrenica spa (già Nuova Banca dell'Etruria e del Lazio spa), quale procuratrice di REV Gestione Crediti spa, mentre Ca.Da., l'Agenzia delle entrate-riscossione e la DESA srl non espletano attività difensiva in questa sede; infine, documentato dai ricorrenti essere ancora sub iudice il rigetto dell'istanza di C.L. di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, è da loro prodotta memoria ai sensi dell'art. 378 c.p.c. per la pubblica udienza del 21/01/2020.

 

Diritto

I. Questioni preliminari.

1. Va, in via preliminare, esclusa la necessità di esaminare la ritualità dell'instaurazione del contraddittorio nei confronti di tutte parti restate intimate, in applicazione dei principi affermati fin da Cass. Sez. U. n. 6826/10 sull'irrilevanza della regolarizzazione della notifica ad alcuni solo degli intimati in ipotesi di inutilità indotta dalla prospettata reiezione del ricorso.

2. Ancora, non rileva neppure l'intempestività del controricorso; se è vero che, non applicandosi la sospensione feriale alle opposizioni esecutive neanche in Cassazione, il termine di quaranta giorni dalla notifica del ricorso, avutasi il 23/08/2017, è spirato il 02/10/2017, sicchè il controricorso notificato il 10/10/2017 è tardivo, è pure vero che l'intimato ha partecipato almeno all'udienza di discussione, sicchè l'originaria inammissibilità - pure ai fini della liquidazione delle spese del presente giudizio- attinge solo le attività relative al controricorso.

3. Infine, neppure rileva direttamente l'attualità dell'ammissione o meno (pendendo ricorso per cassazione contro il provvedimento a lei sfavorevole) di C.L. al patrocinio a spese dello Stato, poichè la pronuncia sui presupposti per il raddoppio del contributo unificato, di cui all'ultimo paragrafo della motivazione, lascia impregiudicata la questione della debenza originaria di quello: sicchè il raddoppio sarà escluso se sarà accertato, nelle competenti sedi diverse dalla presente, che fin dall'inizio ne era escluso anche il pagamento.

II. Il primo motivo: violazione dell'art. 281 sexies c.p.c.

4. Va così esaminato il primo motivo di ricorso, col quale i ricorrenti lamentano "nullità del procedimento e della sentenza ai sensi dell'art. 156, comma 2 e art. 159, comma 1, per violazione e falsa applicazione dell'art. 281-sexies c.p.c., e art. 24 Cost., e art. 12 preleggi, in relazione all'art. 161 c.p.c., comma 1 e art. 360 c.p.c., nn. 4 e 3": e tanto per essere stata del tutto pretermessa la loro istanza di rinvio per la discussione, in violazione appunto della norma di rito e compressione del diritto di difesa.

5. Non occorre approfondire la questione della configurabilità - o meno - dell'autoevidenza di una lesione del diritto di difesa nella fattispecie astratta delineata dai ricorrenti per soppressione della facoltà di esercitarlo con le forme garantite alla parte dalla norma di rito (secondo quanto riconosce, tra le altre, Cass. ord. 31/10/2016, n. 22120, a mente della quale la discussione orale della causa subito dopo la precisazione delle conclusioni, giusta l'art. 281 sexies c.p.c., pur non essendo subordinata ad istanza di parte, può risultare inibita ove una di esse abbia richiesto lo scambio delle comparse conclusionali con fissazione di altra udienza di discussione).

6. Infatti, è la stessa fattispecie astratta disegnata dai ricorrenti a doversi escludere in concreto, alla stregua della concreta scansione delle attività delle parti e dei provvedimenti del giudice, quale risulta dal verbale dell'udienza - alla quale è stata poi resa la sentenza ai sensi dell'art. 281 sexies c.p.c., cioè quella del 23/02/2017 univocamente nei termini seguenti:

- il procuratore dell'aggiudicatario e quello della Banca concludono ciascuno riportandosi alle conclusioni già rassegnate;

- il procuratore dei ricorrenti "conclude riportandosi alle conclusioni formulate nella citazione ex art. 618 c.p.c.; chiede rinvio per la discussione orale. Nell'eventualità il Giudice, fa istanza di liquidazione degli onorari per l'attività prestata in (illeggibile) patrocinio. Deposita la nota spese";

- il procuratore dell'opposta insiste per la condanna alle spese ex art. 96 c.p.c. della parte opponente;

- di nuovo il procuratore dei ricorrenti "si riserva di depositare telematicamente la detta nota spese dattiloscritta";

- infine, il verbale prosegue senza soluzione di continuità con le seguenti scritturazioni: "Il giudice ordina la discussione orale e decide la causa ex art. 281 sexies c.p.c., dichiarando la contumacia di Equitalia Sud spa e D.E.S.A. srl regolarmente citati e non comparsi".

7. Risulta allora che, pur avendo chiesto, dopo la precisazione delle conclusioni con richiamo a quelle già in atti, un rinvio "per discussione orale", il procuratore del ricorrente, che pure ha ripreso la verbalizzazione insistendo per depositare la nota spese anche solo in via telematica, non ha formulato alcuna istanza dopo la determinazione del giudice di disporre la discussione orale.

8. Eppure, a tenore della norma in esame, "il giudice, fatte precisare le conclusioni, può ordinare la discussione orale della causa nella stessa udienza o, su istanza di parte, in un'udienza successiva e pronunciare sentenza al termine della discussione"; in tal modo la disgiuntiva "o" si riferisce all'alternativa tra "nella stessa udienza" e "in un'udienza successiva", solo la seconda essendo condizionata alla "istanza di parte" e quindi presupponendo quest'ultima che il giudice abbia prima manifestato la determinazione di procedere con il modulo descritto dall'art. 281 sexies c.p.c.

9. In tal modo si riserva sì a ciascuna delle parti il diritto a conseguire un rinvio ad udienza successiva, ma pur sempre a condizione che il giudice abbia prima ordinato la discussione orale, così e solo in tale momento determinato l'avvio del relativo subprocedimento, ed attivando i corrispondenti poteri delle parti: i quali in tanto hanno la ragione di estrinsecarsi, in quanto il giudice si sia indotto a procedere con la definizione immediata.

10. Nella specie, dal verbale, le cui evidenze fanno fede fino a querela di falso, non risulta che il procuratore dei ricorrenti abbia chiesto il rinvio ad altra udienza dopo la pronuncia dell'ordine di discussione orale ed anzi che le parti abbiano in alcun modo reagito a quest'ultimo; e non può estendersi l'efficacia della preliminare ed intempestiva generica richiesta di rinvio per discussione orale allo sviluppo, fino a quel momento soltanto ipotetico ed eventuale, della effettiva successiva adozione, da parte del giudicante, della modalità di definizione immediata.

11. Pertanto, la richiesta formulata in prevenzione non esplica alcun effetto, nè giova a chi la ha formulata, sicchè bene il giudice, dal verbale non constando la formulazione a tempo debito dell'istanza di rinvio, ha immediatamente provveduto: e il corrispondente motivo di ricorso è quindi infondato.

III. I motivi secondo e terzo, sulla prospettata "svendita" del bene. Premessa: lo scopo del processo esecutivo.

12. Vanno ora esaminati i motivi secondo e terzo, che involgono una premessa comune sulla ricostruzione della finalità del processo espropriativo e delle sue interazioni con il mercato, con essi i C. lamentando, rispettivamente: la "violazione e falsa applicazione dell'art. 586 c.p.c., in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 3" e la "violazione e falsa applicazione dell'art. 164 bis disp. att. c.p.c., introdotto dal D.L. n. 132 del 2014 conv. dalla L. n. 162 del 2014, violazione dell'art. 12 preleggi, in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 3".

13. Con l'articolata censura i ricorrenti sostengono, in sostanza, che l'aggiudicazione al prezzo di Euro 270.000, a fronte di quello stimato in origine in Euro 780.000 e comunque dinanzi a crediti complessivi ricostruiti approssimativamente ad Euro 550.000 (v. pag. 6 del ricorso), non solo sarebbe avvenuta ad un prezzo inferiore a quello giusto, ma non consentirebbe neppure un ragionevole soddisfacimento delle ragioni dei creditori, così da imporre la sospensione della vendita o perfino la chiusura anticipata della procedura esecutiva.

14. In estrema sintesi, argomentano i ricorrenti nel senso che il prezzo della vendita giudiziaria può diventare ingiusto anche per successivi ribassi, di cui però la norma non prevede un'indefinita reiterabilità, disciplinando l'amministrazione giudiziaria come valida alternativa in attesa di una collocazione a prezzi migliori, da esplorare con particolare attenzione da parte del giudice; sostengono che anche la recente risistemazione di Cass. 18451/15 consente di non limitare alle interferenze illegittime i fattori rilevanti a tal fine; ribadiscono che nella specie la doglianza si fondava sulla forte, eccezionale e nota crisi del mercato immobiliare; prospettano che tra i fini del processo esecutivo vi sia anche quello di non arrecare considerevoli danni ai debitori e che andava allora considerato insoddisfacente un realizzo di Euro 270.000 a fronte di una debitoria complessiva di Euro 470.000.

15. Gli assunti dei debitori non sono fondati ed entrambi i motivi non possono trovare accoglimento.

16. Preliminare all'esame di entrambe le questioni è ribadire l'indefettibilità della tutela giurisdizionale in sede esecutiva, quale principio ispiratore dell'ordinamento (come riconosciuto, tra le premesse della considerazione unitaria dei tempi di risposta dell'ordinamento alla domanda di giustizia e quindi di garanzia di un accesso effettivo ad un giudice, tra le più recenti da Cass. Sez. U. 23/07/2019, nn. 19883 a 19888, ove ulteriori ed ampi riferimenti, tra i quali pure quelli alla giurisprudenza costituzionale sulla necessaria effettività della tutela dei diritti di cui alle sentenze della Corte costituzionale nn. 419/95, 312/96 e 198/10): l'esecuzione forzata resta ineludibile complemento della tutela di ogni diritto, costituendo uno strumento di effettività del sistema giuridico e così dello stesso Stato democratico moderno, l'unico che può, se efficiente, garantire i diritti di tutti, senza che più contino classe sociale, razza o ricchezza (fin dalla celebre Corte EDU, 19/03/1997, Hornsby c/ Grecia, p. 40, via via fino alle più recenti, fra cui Corte EDU, Grande Camera, 29/05/2019, IlgarMamadov c/ Azerbaigian, in causa 15172/13); il diritto a un ricorso effettivo ad un giudice, consacrato anche dall'art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea (adottata a Nizza il 07/12/2000 e confermata con adattamenti a Strasburgo il 12/12/2007; pubblicata, in versione consolidata, sulla G.U. dell'Unione Europea del 30 marzo 2010, n. C83, pagg. 389 ss.; efficace dalla data di entrata in vigore del Trattato di Lisbona, ratificato in Italia con L. 2 agosto 2008, n. 130, avutasi addì 01/12/2009), sarebbe illusorio se l'ordinamento giuridico di uno Stato membro consentisse che una decisione giudiziaria definitiva e obbligatoria restasse inoperante a danno di una parte (Corte Giustizia dell'Unione Europea, 30/06/2016, Toma e Biroul Executorului Judecatoresc Hor Oulli Vasile Cruduleci, 01205/15, punto 43; Corte Giustizia dell'Unione Europea, Grande Camera, 29/07/2019, AlekszijTorubarov c/ Bevandorlasi es MenekeiltugyiHivatal, C-556/17, punto 57).

17. In tale contesto, l'unico interesse perseguito dall'ordinamento è l'effettività della tutela giurisdizionale del creditore e specifici contrastanti interessi, quali quello del debitore a contenere i disagi, non sono presi in considerazione dalla legge (come invece può bene accadere in altri ordinamenti giuridici, secondo quanto è dato sapere da Corte EDU 20/12/2016, Ljaskaj c/ Croazia, definitiva il 20/03/2017, che comunque non riconosce affatto alcuna violazione dei diritti fondamentali nella previsione, purchè univoca e chiara, della vendita del bene pignorato anche a prezzo molto ridotto) e non possono allora rilevare; resta salvo il solo diritto alla regolarità del processo esecutivo ed alla partecipazione ad esso, quando finalizzate ad una concreta estrinsecazione delle residue facoltà ancora a quegli riconosciute, nei limiti in cui sono funzionali al migliore soddisfacimento possibile delle ragioni creditorie.

18. Esula allora dai fini del processo esecutivo quello di limitare i danni a chi vi è assoggettato, perchè il carattere imperativo dell'esigenza di ripristinare il diritto violato dall'inadempimento del debitore esige sempre e comunque, a pena di ineffettività dell'intero ordinamento, che l'esecuzione abbia luogo; questa è oggettivamente un pregiudizio per chi vi è assoggettato, ma dipeso dall'inerzia di questi e comunque necessario per la funzionalità del sistema e quindi secundum ius: e, se l'applicazione pratica delle singole norme può consentire di tenere - entro certi limiti, con cautela ed in via eccezionale - conto di peculiari situazioni che facciano capo al debitore, non compete al giudice dell'esecuzione farsene carico.

IV.... segue: l'equiparazione di vendita giudiziaria e volontaria.

19. Per conseguire il migliore risultato possibile nel contesto in cui il processo ha luogo, le riforme degli ultimi venti anni hanno puntato anche sull'equiparazione della vendita giudiziaria a quella ordinaria o volontaria o fra privati, soprattutto immobiliare: quelle sono infatti incentrate sul perseguimento dell'efficienza di quel processo, affinchè possa conseguire l'utile risultato della trasformazione coattiva in denaro di uno o più cespiti del patrimonio della parte obbligata onde far conseguire all'avente diritto un'utilità corrispondente.

20. A questo fine tendono le diverse misure via via adottate, tra cui la particolare cura dell'immobile staggito attraverso l'affidamento di una utile o proficua - almeno fino alla novella del 2019 - custodia ad un soggetto estraneo e la liberazione obbligatoria dei beni onde conseguirne la massima valorizzazione in sede di offerta sul mercato, la degiurisdizionalizzazione mediante la sistematizzazione della delega delle operazioni a professionisti esterni all'amministrazione della Giustizia, la pubblicità delle vendite pure mercè strumenti progettati per efficienza e la loro agevolazione con diritti di visita e pienezza di informazioni utili fin dalla relazione di stima, la rimodulazione delle modalità di espletamento di questa, l'incentivazione degli acquisti a credito mediante i mutui in sede di aggiudicazione, la tutela dell'aggiudicatario anche dagli sviluppi per lui infausti della procedura esecutiva e così via.

21. Si tratta di un coordinato strumentario procedimentale, che è predisposto affinchè il giudice dell'esecuzione porti a compimento il suo dovere istituzionale di garantire al creditore il soddisfacimento delle sue pretese riconosciute legittime da un titolo esecutivo, che non per nulla è intangibile davanti a lui (salve le sole parentesi cognitive oppositive, ove ne ricorrano i rigorosi presupposti): tale è il fine di queste previsioni e ad esso deve essere rivolta, quale criterio ermeneutico teleologico, la concreta estrinsecazione della potestà - e così di un potere che è al tempo stesso un dovere - del giudice dell'esecuzione nella conduzione del processo esecutivo.

V.... segue: il prezzo "giusto" della vendita giudiziaria.

22. Non ravvisa il Collegio alcun motivo di discostarsi dall'approdo ermeneutico di Cass. 21/09/2015, n. 18451, raggiunto all'esito di una ampia, accurata ed esaustiva disamina dell'istituto della sospensione della vendita dopo l'aggiudicazione, che riconosce la legittimità dell'esercizio di quella potestà del giudice dell'esecuzione solo quando:

a) si verifichino fatti nuovi successivi all'aggiudicazione;

b) emerga che nel procedimento di vendita si siano verificate interferenze illecite di natura criminale che abbiano influenzato il procedimento, ivi compresa la stima stessa;

c) il prezzo fissato nella stima posta a base della vendita sia stato frutto di dolo scoperto dopo l'aggiudicazione;

d) vengano prospettati, da una parte del processo esecutivo, fatti o elementi che essa sola conosceva anteriormente all'aggiudicazione, non conosciuti nè conoscibili dalle altre parti prima di essa, purchè costoro li facciano propri, adducendo tale tardiva acquisizione di conoscenza come sola ragione giustificativa per l'esercizio del potere del giudice dell'esecuzione.

23. Proiezione in sede esecutiva del principio della rilevanza della sola verità processuale, vale a dire di quella accertata con la corretta applicazione delle regole del processo di cognizione sulla ricostruzione o rappresentazione dei fatti quali presupposti del giudizio di diritto idoneo a regolare la fattispecie e definire la controversia, è il principio, da tempo consolidato nella giurisprudenza di legittimità, dell'identificazione del prezzo giusto con quello che risulta da un corretto svolgimento delle operazioni di vendita: allo stesso modo in cui non è giusto ciò che la parte ritiene o che comunque si sostiene al di fuori del giudizio di cognizione (ma solo quello che in esso viene accertato e definito tale), così non è giusto il prezzo soggettivamente reputato tale da uno dei soggetti del processo, ma solo quello che si forma all'esito del corretto funzionamento dei meccanismi processuali istituzionalmente deputati a determinarlo.

24. Del resto, neppure la valutazione dell'esperto stimatore condiziona la validità dell'ordinanza di vendita e dell'aggiudicazione, poichè anche il valore di mercato da lui individuato rappresenta un dato meramente indicativo (Cass. 10/02/2015, n. 2474; Cass. 31/03/2008, n. 8304) e poichè l'individuazione del giusto prezzo è rimessa all'esito della gara sollecitata tra gli offerenti estranei al processo e correttamente tenuta; e proprio la citata Cass. 18451/15 si diffonde sull'individuazione del giusto prezzo e sui suoi rapporti con quello di mercato, sicchè è superfluo qui ogni approfondimento.

25. La stessa determinazione del prezzo al quale porre in vendita il bene staggito, che fa riferimento a quello di mercato, può legittimamente aver luogo in relazione ad ogni elemento, purchè non palesemente incongruo o avulso dal contesto economico o dagli elementi fondamentali della scienza dell'estimo, che colleghi la valutazione operata del prezzo base a cui porre in vendita il bene a quello che potrebbe essere il valore risultante in esito ad una contrattazione sul mercato, ovviamente tenendo conto delle peculiarità dello specifico settore delle espropriazioni immobiliari in cui comunque la vendita giudiziaria viene a collocarsi, come reso evidente anche dalle recenti modifiche legislative sul contenuto della relazione di stima (Cass. ord. 20/07/2016, n. 14968).

26. In tale ordito normativo, postulato ormai che la vendita giudiziaria abbia luogo alle stesse condizioni di una vendita volontaria e purchè in concreto il giudice dell'esecuzione - o il suo delegato - la faccia svolgere correttamente nelle migliori condizioni ricavabili in applicazione di tutti gli istituti a tale fine apprestati e doverosamente attivati o almeno tentati, quell'equiparazione comporta che la vendita volontaria non potrebbe verosimilmente conseguire un esito diverso o più vantaggioso; sicchè è l'interazione col mercato dei beni oggetto della vendita giudiziaria a costituire idonea garanzia di ottenimento del massimo risultato giusto ed utile possibile.

27. A meno dell'attivazione di diversi istituti, significativamente estranei alla struttura di quello, è allora privo di base giuridica fare carico al processo esecutivo ed al sistema delle vendite giudiziarie (ed al giudice dell'esecuzione od ai suoi ausiliari) dello stato o dell'andamento del mercato ed in particolare dell'esito della vendita del bene a condizioni asserite come più svantaggiose rispetto a quelle di un mercato ideale o dei rischi che tanto possa accadere.

28. Infatti, del mercato e del suo andamento fanno parte non solo il suo peculiare settore incentrato sulle vendite giudiziarie, ma anche le crisi, più o meno cicliche e finanche di particolare gravità, che lo attraversano e che ne costituiscono uno sviluppo sfortunatamente plausibile, se non intrinsecamente connaturato: pertanto, anche quando si tratti di crisi di sistema, mancando interventi strutturali di spettanza del legislatore deve prevalere la tutela del corrispondente buon diritto consacrato in capo al creditore e a vendita del bene è sempre doverosa.

29. Ora, la vendita giudiziaria si attiva quando viene dato impulso dal creditore al processo esecutivo con l'istanza di vendita (Cass. 19/07/2004, n. 13354; Cass. Sez. U. 29/07/2013, n. 18185), tutto il successivo corso risultando ufficioso e del pari doveroso, salve le sole eccezioni previste espressamente (Cass. 14968/16, cit.) e comunque impregiudicate le ipotesi di chiusura anticipata (sulla cui nozione basti qui un richiamo a Cass. ord. 10/05/2016, n. 9501) per il rilievo della impossibilità del raggiungimento dello scopo del processo.

30. E' ben vero che la norma non prevede espressamente una reiterabilità indefinita dei tentativi di vendita infruttuosi ed anzi parrebbe offrire, quale alternativa, solo l'amministrazione giudiziaria e per il non breve periodo di tre anni; ed è non meno vero che non sono mancati tentativi, anteriori però alle riforme dal 2005 e ad opera di una parte della giurisprudenza di merito (variamente accolta dai diversi contesti territoriali di applicazione), di contenimento dei tempi di persistenza infruttuosa del processo esecutivo - il cosiddetto processo esecutivo inane - mediante la previsione, adeguatamente prefigurata al momento dell'ordinanza di vendita, di un numero massimo di tentativi al cui infruttuoso esito ravvisare l'impossibilità non ascrivibile ad alcuno dei soggetti di esso - del processo stesso di raggiungere il risultato di soddisfacimento della creditoria azionata, con conseguente sua chiusura anticipata.

31. Tuttavia, è altrettanto vero che, ormai equiparato con le novelle dell'ultimo quindicennio il sistema delle vendite giudiziarie a quello delle vendite volontarie, nulla più osta - salvi i casi di chiusura anticipata (tra cui quelli di cui appresso o le conseguenze di peculiari condotte inerti delle parti a vario titolo onerate) - ad una reiterazione dei tentativi di vendita: tanto è consentito dalla tecnica possibilità di testuale riapplicazione circolare della disciplina prevista per il caso di vendita infruttuosa e, del resto, corrisponde a prassi largamente invalsa, sia pure opportunamente modulata nel senso della previsione di un limite dei ribassi o delle rifissazioni o del tempo destinato ai tentativi di vendita.

32. Certo, la reiterazione della fissazione delle vendite non può procedere all'infinito ed è allora legittima un'espressa preventiva autolimitazione (peraltro revocabile o modificabile) del relativo potere fin dall'ordinanza di vendita, intesa a razionalizzarla e contenerne numero e modalità: ma, salvi tutti gli altri casi di chiusura anticipata elaborati dalla giurisprudenza, il giudice ha il dovere, prima di dichiarare impossibile il raggiungimento del fine specifico dell'espropriazione consistente nella liquidazione alla base del soddisfacimento dei creditori, di procedere ad uno o più nuovi tentativi di vendita e di avvalersi - o di tentare di avvalersi, o di motivare congruamente sulle ragioni per le quali non si avvale - di tutti gli strumenti messi a sua disposizione espressamente dal codice (non ultima, almeno fino alla novella del 2019, la liberazione di tutti gli immobili staggiti, essendo intuitivo che solo quelli liberi possono essere venduti ad un prezzo conveniente per il venditore) o dall'elaborazione giurisprudenziale dei suoi poteri di direzione del processo (tra cui la rimodulazione del prezzo a base di gara, pure all'esito della rinnovazione della stima da parte dell'esperto).

33. E' ben vero che tra tali strumenti rientra, come invocata dai ricorrenti, proprio l'amministrazione giudiziaria: e tuttavia essa è fondata sulla specifica prognosi del recupero di un maggior valore di collocamento sul mercato all'esito dei periodi, più o meno prolungati, di sottrazione del bene dal circuito delle vendite e conseguente protrazione dei tempi del processo e di maturazione degli accessori dei crediti; la sua scelta implica allora un aggravio di costi ed oneri oltre che di tempi di definizione e resta pertanto dissonante dall'ordinaria dinamica della liquidazione del bene ormai irreversibilmente avviata.

34. Ne consegue che, pure rimanendo una valida alternativa a sua disposizione, ad essa può il giudice dell'esecuzione in via discrezionale preferire la rifissazione della vendita, potendo anche solo per implicito qualificare insussistenti i presupposti dell'amministrazione; sicchè non è viziata la rifissazione senza il previo tentativo di procedere ad essa.

35. Sul punto, va fatta applicazione del seguente principio di diritto: "poichè, impregiudicati i casi di chiusura anticipata del processo esecutivo, è legittima la reiterazione della fissazione della vendita anche con successivi ribassi del prezzo base e senza ricorso all'amministrazione giudiziaria, non integra un prezzo ingiusto di aggiudicazione, tanto meno idoneo a fondare la sospensione prevista dall'art. 586 c.p.c., quello che sia anche sensibilmente inferiore al valore posto originariamente a base della vendita, ove questa abbia avuto luogo in corretta applicazione delle norme di rito, nè si deducano gli specifici elementi perturbatori della correttezza della relativa procedura già elaborati dalla giurisprudenza (fatti nuovi successivi all'aggiudicazione; interferenze illecite di natura criminale che abbiano influenzato il procedimento, ivi compresa la stima stessa; determinazione del prezzo fissato nella stima quale frutto di dolo scoperto dopo l'aggiudicazione; fatti o elementi conosciuti da una sola delle parti prima dell'aggiudicazione, non conosciuti nè conoscibili dalle altre parti prima di essa, purchè costoro li facciano propri), elementi perturbatori tra cui non si possono annoverare l'andamento o le crisi, sia pure di particolare gravità, del mercato immobiliare".

36. Tanto comporta l'infondatezza della prima doglianza, così definita in base a tale ragione più liquida anche ogni altra questione in rito sull'ammissibilità e sul tempo del suo dispiegamento.

VI.... segue: chiusura anticipata per infruttuosità della procedura.

37. Strettamente collegato all'entità giusta del prezzo di vendita è l'art. 164 bis disp. att. c.p.c. (introdotto dal D.L. 12 settembre 2014, n. 132, art. 19, comma 2, lett. b) convertito con modificazioni dalla L. 10 novembre 2014, n. 162, applicabile, per il comma 6 bis medesimo articolo, dal dì 11/11/2014), che prevede che sia disposta la chiusura anticipata della procedura quando risulta che non è più possibile conseguire un ragionevole soddisfacimento delle pretese dei creditori, anche tenuto conto dei costi necessari per la prosecuzione della procedura, delle probabilità di liquidazione del bene e del presumibile valore di realizzo.

38. Correttamente la qui gravata sentenza richiama sul punto la relazione al disegno di legge di conversione del decreto legge che ha introdotto la norma, per escludere che quella possa costituire uno strumento a tutela dell'interesse del debitore a non vedere svenduto il proprio immobile, in deroga alla regola generale dell'art. 2740 c.c., anzichè un istituto a tutela dell'interesse dell'amministrazione della giustizia ad evitare, con inutile dispendio di risorse processuali comunque limitate e da utilizzare invece in modo da far conseguire un'utilità effettiva al creditore, la prosecuzione sine die di procedure esecutive inidonee a consentire il soddisfacimento degli interessi dei creditori: tale ratio, oltre a corrispondere all'intenzione del legislatore, è coerente con la ricostruzione del sistema dell'esecuzione forzata.

39. Al riguardo, con la codificazione di questa peculiare fattispecie di chiusura anticipata ben può dirsi che la necessaria economicità - in termini di proporzione tra vantaggi e svantaggi delle stesse parti, oltre che dell'ordinamento nel suo complesso in relazione all'impiego di risorse apprestate al fine di fare conseguire al creditore quanto spettantegli - della procedura trova finalmente un suo riconoscimento legislativo ed avvicina l'ordinamento italiano a quello di altri Paesi Europei, nei quali è preclusa, o per norma espressa o per comune e condiviso buon senso, la stessa attivazione di una procedura che non lasci presagire un'apprezzabile probabilità di esito anche solo in parte fruttuoso (ed avendo questa Corte applicato analoghi concetti per escludere la tutela esecutiva di crediti irrisori: Cass. 03/03/2015, n. 4228, seguita da Cass. 15/12/2015, n. 25224).

40. Fermi restando tutti gli altri casi di chiusura anticipata previsti dalla legge o elaborati dalla giurisprudenza, ai fini dell'applicazione della norma in esame il giudice dell'esecuzione è allora chiamato a compiere una valutazione sul punto, evitando che proseguano (con sempre più probabili pregiudizi erariali anche a seguito di azioni risarcitorie per i danni da irragionevole durata del processo) procedimenti di esecuzione forzata manifestamente inidonei a produrre un ragionevole od apprezzabile soddisfacimento dell'interesse dei creditori, siccome con evidenza generatori di costi processuali più elevati del concreto valore di realizzo dei cespiti patrimoniali pignorati, o, comunque, idonei soltanto a generare altri e nuovi costi, soprattutto se insuscettibili di recupero.

41. In altri termini, non può, a meno di una non consentita HeterogoniedesZwecke o eterogenesi dei fini, ridursi il fine del procedimento esecutivo a quello di generare soltanto altri costi, aumentando il carico della debitoria preesistente che aveva invece lo scopo istituzionale di soddisfare.

42. Se nell'espropriazione mobiliare opera il meccanismo dell'art. 540 bis c.p.c. con sostanziale prefissazione di un numero massimo di tentativi di vendita al cui esito - ed in difetto di peculiari iniziative o condotte del creditore, legalmente tipizzate - disporre la chiusura anticipata in modo pressochè automatico, non altrettanto può allora dirsi in tema di espropriazione immobiliare.

43. In questa è proprio la finalità della norma in esame ad esigere che, prima di applicarla, il giudice sperimenti fattivamente tutte le potenzialità offerte dalla disciplina, tra cui l'ordine di liberazione (nei limiti in cui è ancora possibile, attesone il depotenziamento derivante dalle severe limitazioni arrecate dalla novella del 2019, non del tutto congrue rispetto al fine del processo esecutivo) e la custodia attiva o le modalità di vendita o di pubblicità aggiuntive ed ulteriori, per conseguire il risultato fisiologico della procedura, che resta pur sempre la liquidazione del cespite del debitore in tempi contenuti, con indiretto beneficio per il debitore, atteso il correlato contenimento del carico degli accessori.

44. Al contempo, poichè il processo esecutivo deve comunque tendere al soddisfacimento del diritto del creditore, la valutazione di infruttuosità può aver luogo quando, in relazione all'entità del prezzo base dell'ultimo tentativo, ove nemmeno sia utile o possibile rivederlo in base ad una rinnovazione della stima od alla considerazione di fattori nuovi e imprevisti e non sia utile nemmeno l'amministrazione giudiziaria, l'eventuale aggiudicazione possa presumersi:

- perfino implausibile, per essersi rivelato l'immobile fuori mercato e quindi in concreto invendibile, oppure - tale da coprire esclusivamente i costi della rifissazione a disporsi o gli oneri futuri della procedura, oppure - tale da determinare una somma netta irrisoria da destinare ad accessori e sorta capitale del procedente e degli interventori, tenuto conto delle rispettive cause legittime di prelazione.

45. Tale valutazione non dovrà, beninteso, aver luogo in modo espresso prima di ogni rifissazione, soprattutto ove il numero ne sia stato stabilito con l'ordinanza di vendita o altro provvedimento, tanto equivalendo ad una sorta di anticipazione del relativo giudizio in via generale ed astratta secondo l'id quodplerumqueaccidit nel contesto delle vendite giudiziarie del singolo ufficio; ma una motivazione espressa sarà necessaria - nella forma dell'ordinanza, suscettibile di opposizione agli atti esecutivi e mai impugnabile con ricorso diretto per cassazione (Cass. ord. 28/03/2018, n. 7754) - in caso di esplicita istanza di uno dei soggetti del processo, oppure quando si verifichino o considerino fatti nuovi, soprattutto in relazione alle previsioni dell'ordinanza ai sensi dell'art. 569 c.p.c..

46. Una simile valutazione di infruttuosità potrà adeguatamente fondarsi sul rilievo che il bene offerto in vendita è risultato per oggettive caratteristiche - non solo sopravvenute, ma pure preesistenti ma diversamente valutate - con ogni probabilità non vendibile, oppure vendibile a condizioni talmente rovinose da lasciare prefigurare un soddisfacimento irrisorio di sorta e accessori già maturati o, a maggior ragione, delle sole successive spese del processo esecutivo.

47. Al contrario, questo sarà allora - anche solo per implicito e cioè direttamente con la rifissazione della vendita - valutato meritevole di prosecuzione finchè appaia ancora idoneo a fare conseguire, in esito alle attività di liquidazione ancora a disporsi ed in base alla fruttuosità delle stesse quale desumibile anche dalla pregressa storia del processo e dall'inanità incolpevole dei precedenti tentativi, una somma ricavata significativa, cioè tale da consentire il soddisfacimento non irrisorio di alcuno tra i crediti azionati, ad iniziare da quelli assistiti da cause di prelazione e, a parità di esse, da quelli di maggiore importo.

48. Deve concludersi nel senso che, "in tema di espropriazione immobiliare, la peculiare ipotesi di chiusura anticipata della procedura ai sensi dell'art. 164 bis disp. att. c.p.c. ricorre e va disposta ove, invano applicati o tentati ovvero motivatamente esclusi tutti gli istituti processuali tesi alla massima possibile fruttuosità della vendita del bene pignorato, risulti, in base ad un giudizio prognostico basato su dati obiettivi anche come raccolti nell'andamento pregresso del processo, che il bene sia in concreto invendibile o che la somma ricavabile nei successivi sviluppi della procedura possa dar luogo ad un soddisfacimento soltanto irrisorio dei crediti azionati ed a maggior ragione se possa consentire soltanto la copertura dei successivi costi di esecuzione".

49. In applicazione di tali principi alla fattispecie, è chiaramente impossibile qualificare irrisoria la percentuale di soddisfacimento dei crediti, la quale, dagli stessi debitori indicatone l'ammontare complessivo in circa Euro 550.000 a fronte del prezzo di vendita di Euro 270.000, si adegua al 49% circa in valore assoluto ed anzi perfino (maggiore per i creditori assistiti da privilegio e non rilevando l'incapienza, quand'anche totale, di uno o più tra i chirografari, tanto dipendendo dalla legittima operatività dei rispettivi privilegi: ed il relativo motivo di ricorso va definitivamente disatteso.

VII. IL quarto motivo: la prospettata omissione di pronuncia.

50. Va, infine, esaminato il quarto motivo di doglianza, con cui i C. denunciano "omessa pronuncia, in violazione dell'art. 112 c.p.c., in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 4" e "violazione e falsa applicazione dell'art. 617 c.p.c., in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 3": lamentando essere malamente stata ritenuta non proposta una opposizione all'ordinanza di rigetto dell'istanza di sospensione e di chiusura anticipata dell'esecuzione (come si desume nella sintesi del motivo a pag. 4 del ricorso) e comunque mancata una risposta del giudice sul punto; e contestando l'inammissibilità dell'opposizione avverso il decreto di trasferimento, fondata su profili di illegittimità del rigetto della precedente istanza di sospensione.

51. Va preliminarmente disattesa l'eccezione di erroneità del mezzo di reazione, identificato dalla controricorrente nel reclamo ai sensi dell'art. 669 terdecies c.p.c. e non nell'opposizione agli atti esecutivi: infatti, l'illegittimità di un atto del processo esecutivo è di regola suscettibile di essere fatta valere proprio ed appunto con l'opposizione agli atti esecutivi, a meno che non sia prevista espressamente altra azione; e, nella specie, non si tratta di una sospensione in senso tecnico e cioè di natura sostanzialmente cautelare o interinale, ma, secondo quanto messo in luce per la sua ricostruzione da ultimo dalla più volte richiamata Cass. 18451/15 (ed alla quale si rinvia, soprattutto al suo p. 9.3.1), di un provvedimento di sostanziale revoca della già disposta aggiudicazione.

52. Tanto puntualizzato e premesso, il motivo è però infondato, perchè la qui gravata sentenza, precisata in via incidentale l'inammissibilità dell'opposizione al decreto per vizi non suoi propri, ma derivati da quelli degli atti precedenti (conclusione che è ora in linea con le conclusioni di Cass. 10/12/2019, n. 32136, sull'onere di immediata opposizione per i vizi propri di ognuno degli atti del processo esecutivo, sia pure strutturato per fasi), esamina nel merito sia la doglianza di non corrispondenza del prezzo di aggiudicazione (e poi di vendita) a quello giusto, sia quella di infruttuosità della procedura esecutiva, motivando sulla infondatezza di entrambe con argomenti la cui correttezza già si è qui rilevata in sede di esame del secondo e del terzo motivo di ricorso.

53. E' pertanto implicito ma del tutto univoco l'esaustivo - nonchè, come visto, corretto - rigetto di tutte le doglianze avverso il merito delle reiezioni delle istanze originarie al giudice dell'esecuzione.

VIII. Conclusioni.

54. Il ricorso, infondati tutti i motivi, va pertanto rigettato ed i ricorrenti, soccombenti, vanno in solido - per l'evidente pari interesse in causa - condannati al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità in favore della controparte, in relazione al valore della peculiare opposizione esecutiva qui dispiegata - di contestazione di fruttuosità di una procedura esecutiva in cui il coacervo dei crediti azionati è indicato in Euro 550.000 circa dagli stessi debitori identificato in base ai principi di cui a Cass. 23/01/2014, n. 1360.

55. Infine, poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30/01/2013 ed è rigettato, sussistono i presupposti processuali per dare atto - ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che ha aggiunto il comma 1-quater al testo unico di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 (mancando la possibilità di valutazioni discrezionali: per tutte, v. Cass. 14/03/2014, n. 5955, o Cass. Sez. U. 27/11/2015, n. 24245) - della sussistenza dell'obbligo di versamento, in capo ai ricorrenti, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove però effettivamente dovuto in relazione alle cause di esenzione pure invocate e se ed in quanto non contestate od accertate nelle diverse competenti sedi, per la stessa impugnazione.

 

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Condanna i ricorrenti, in solido, al pagamento delle spese in favore della controricorrente, liquidate in Euro 10.200,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto da ognuno di loro, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 21 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 10 giugno 2020.