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Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 23378 - pubb. 17/03/2020.

Irretroattività della legge Gelli-Bianco e riparto di responsabilità tra medico e struttura


Tribunale di Reggio Emilia, 19 Febbraio 2020. Est. Morlini.

Legge 24/2017 Gelli-Bianco – Irretroattività del regime di responsabilità – Retroattività dei criteri di liquidazione del danno – Riparto di responsabilità tra medico e struttura ante legge n. 24/2017 – Presunzione di responsabilità paritaria e concorrente – Eccezione solo per devianza del medico

Compensazione spese di lite – Soccombenza reciproca – Accoglimento di una sola domanda – Accoglimento per importo significativamente minore – Sussiste


La legge 24/2017, cd. Gelli-Bianco, è irretroattiva con riferimento all’articolo 7 comma 3 circa il regime di responsabilità.

La legge 24/2017, cd. Gelli-Bianco, è retroattiva con riferimento ai criteri di liquidazione del danno di cui all’articolo 7 comma 4, che confermano quanto già previsto dall’articolo 3 comma 3 della legge n. 183/2012 cd. Balduzzi, rinviando ai parametri di cui all’articolo 139 Cod. Ass.: tale disposizione s’applica quindi a tutti i processi in corso indipendentemente dal momento della verificazione del danno.

In tema di riparto di responsabilità tra medico e struttura ante riforma della legge n. 24/2017 cd. Gelli-Bianco, la responsabilità risarcitoria si presume concorrente e paritaria tra medico e struttura, anche in caso di colpa esclusiva del medico, ed in tale caso la rivalsa della struttura è possibile solo negli eccezionali casi di inescusabilmente grave, del tutto imprevedibile ed oggettivamente improbabile devianza dal programma condiviso della tutela della salute che è oggetto dell’obbligazione.

Ai fini della compensazione delle spese di lite ex art. 92 comma 2 c.p.c., vi è soccombenza reciproca sia nel caso di accoglimento di una sola delle plurime domande azionate, sia nel caso di accoglimento di soli alcuni capi di un’unica domanda, sia nel caso di accoglimento dell’unica domanda per un importo significativamente inferiore sotto il profilo quantitativo da quello domandato. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)

 

Nella procedura n. 5030/2015 R.G.

Fatto

Promuovendo la presente controversia, D. A. ha riferito che il 1/9/2004 è stato operato al ginocchio sinistro presso la casa di cura Villa X. ; che a seguito della non corretta esecuzione dell’intervento, si erano rese necessarie altre due operazioni chirurgiche il 27/6/2005 e il 5/4/2016; che le prestazioni sanitarie rese dovevano essere ritenute errate ed inadeguate; che in ragione di tali prestazioni sanitarie connotate da colpa medica, aveva subìto un danno patrimoniale e non patrimoniale di complessivi € 163.639. Sulla base di tale narrativa, l’attore ha convenuto in giudizio Villa X. , domandandone la condanna al risarcimento del danno tramite corresponsione della somma sopra indicata.

Costituendosi in giudizio, ha resistito Villa X. , deducendo la propria assenza di responsabilità; evidenziando che, in denegata ipotesi, la responsabilità sanitaria doveva essere ascritta all’ortopedico che aveva svolto il primo intervento, il dottor Santi, il quale non aveva alcun rapporto di dipendenza con la casa di cura ed al quale A. si era rivolto privatamente. Pertanto, la convenuta ha richiesto ed ottenuto la chiamata in giudizio sia dell’erede del dottor Santi, nel frattempo deceduto, e cioè la moglie Annalisa Z., sia della propria assicurazione Y. Europe Limited; ed ha concluso chiedendo il rigetto delle domande nei suoi confronti, ed in denegata ipotesi di condanna di essere garantito dalla Z. e/o dall’Assicurazione.

Anche la Y. Europe Limited si è costituita, deducendo che l’assicurazione non era operante per il caso di attività di un professionista non legato alla casa di cura da un rapporto di dipendenza o di parasubordinazione, ciò che la stessa assicurata aveva confermato essere accaduto nella fattispecie per cui è processo; e comunque operava solo con una franchigia di € 50.000.

È invece rimasta contumace Annalisa Z..

I giudici inizialmente procedenti, rigettate le eccezioni formulate dalla convenuta e della terza chiamata in ordine alla pretesa nullità della citazione, hanno istruito la causa con una CTU medica affidata al collegio composto dal professor Francesco De Ferrari, medico legale, e dal dottor Giacomo Piana, specialista ortopedico.

Il fascicolo è per la prima volta pervenuto a questo Giudice, nominato nuovo istruttore in data 7/10/2019, all’udienza del 30/1/2020, ed alla successiva udienza del 19/2/2020 è stato deciso con la presente sentenza contestuale ex art. 281 sexies c.p.c., pubblicata mediante lettura alle parti presenti e depositata telematicamente.

 

Diritto

a) La causa può essere decisa sulla base della CTU, svolta con motivazione convincente e pienamente condivisibile, che ha adeguatamente replicato ai rilievi di parte attrice in relazione alla quantificazione del danno (cfr. pag. 20 perizia), dalla quale il Giudicante non ha motivo di discostarsi in quanto frutto di un iter logico ineccepibile e privo di vizi, condotto in modo accurato ed in continua aderenza ai documenti agli atti ed allo stato di fatto analizzato.

Hanno infatti spiegato i periti, riassumendo al termine dell’elaborato il precedente diffuso e preciso iter argomentativo, che “è ravvisabile un errore professionale per imperizia ed imprudenza da parte di chi ha eseguito l’intervento di osteotomia devarizzante in data 1/09/2004, e tale errore è imputabile al medico operatore, senza responsabilità da parte della struttura. Se la osteotomia fosse stata eseguita con la tecnica prevista, e fosse stata utilizzata la placca di Puddu originale, in via di elevatissima probabilità il cedimento dell’osteosintesi non si sarebbe verificato.

Gli interventi successivi, effettuati in data 27/06/2005 e 05/04/2016, sono conseguenza della necessità di riparare al cedimento della osteosintesi e delle successive complicanze, che sono da ritenere indipendenti dalla patologia del soggetto.

Gli interventi non richiedevano la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà.

In conseguenza di tale errore professionale è derivato un periodo di inabilità temporanea che può essere valutato in 6 giorni di inabilità temporanea totale, 60 giorni di inabilità temporanea parziale al 75%, 60 giorni di inabilità temporanea parziale al 50% e 60 giorni di inabilità temporanea parziale al 25%. Si può ritenere che in tale periodo di inabilità temporanea sia derivato al signor A. uno stato di sofferenza di grado medio-lieve. La vicenda clinica non ha comportato un peggioramento del quadro clinico; pertanto non sussistono postumi a carattere permanente derivati al signor A. in conseguenza dei fatti per cui è causa, sia in termini di danno biologico sia di ripercussioni sulla capacità lavorativa.

In atti risultano spese sostenute per controlli specialistici, radiografici, esami di laboratorio, trattamenti fisioterapici e noleggio presidi terapeutici per complessivi Euro 2.758,53, da ritenere giustificate e congrue in relazione ai fatti per cui è causa” (pag. 20-21 perizia, sottolineature aggiunte).

Pertanto, deve ritenersi provata in capo all’attore una invalidità biologica temporanea di 6 giorni a titolo di ITT, di 60 giorni a titolo di ITP al 75%, di ulteriori 60 giorni a titolo di ITP al 50% ed ancora di 60 giorni a titolo di ITP al 25%, senza residuo di danno biologico permanente.

Trattandosi all’evidenza di lesioni micropermanenti, secondo l’insegnamento della Corte di cassazione occorre applicare i criteri risarcitori di cui all’articolo 139 del Codice delle Assicurazioni, cui rinvia l’articolo 7 comma 4 della legge n. 24/2017, cd. Gelli-Bianco, che conferma quanto già previsto dall’articolo 3 comma 3 della L. n. 183/2012, cd. legge Balduzzi: infatti, la disposizione in parola s’applica a tutti i processi in corso indipendentemente dal momento della verificazione del danno, in quanto la norma, non incidendo retroattivamente sugli elementi costitutivi della fattispecie legale della responsabilità civile, non intacca situazioni giuridiche precostituite ed acquisite al patrimonio del soggetto leso, ma si rivolge direttamente al giudice, delimitandone l’ambito di discrezionalità e indicando il criterio tabellare quale parametro equitativo nella liquidazione del danno (Cass. n. 28990/2019).

In ragione di ciò, tenuto conto di un’indennità giornaliera calcolata in € 47,49 come da decreto attuativo dell’articolo 139 Cod. Ass., il danno biologico temporaneo va ristorato con la somma di € 4.559,04, senza necessità della personalizzazione in aumento prevista dal terzo comma sino al 20% per le sofferenze “di particolare intensità”, avendo la CTU accertato trattarsi di “sofferenza di grado medio-lieve”; ed il risarcimento, tenuto conto delle spese mediche di € 2.758,53 ritenute congrue e giustificate dal collegio peritale, ammonta quindi al complessivo importo di € 7.317,57.

In parziale accoglimento della domanda attorea, quindi, la convenuta X.  Hospital deve essere condannata a pagare all’attrice tale somma, a titolo di responsabilità contrattuale ed in ragione della colpa medica che ha connotato l’intervento eseguito il 1/9/2004 presso la struttura.

Su tale somma capitale, che integra all’evidenza un debito di valore in quanto posta risarcitoria, così come da domanda ed in base ai principi generali, vanno riconosciuti, secondo la pacifica giurisprudenza, rivalutazione ed interessi sulla somma stessa via via rivalutata, dalla data del fatto, id est il 1/9/2004, al saldo; tuttavia, essendo la somma capitale già calcolata all’attualità ed in ragione della difficoltà di procedere alla devalutazione, in piena aderenza all’insegnamento dalla Suprema Corte, gli interessi possono essere calcolati sulla somma integralmente rivalutata, ma da un momento intermedio tra il fatto e la sentenza, id est il 1/6/2012.

b) Relativamente alla domanda di garanzia esperita da X.  Hospital nei confronti di Annalisa Z. quale erede del medico dottor Salsi, il quale aveva eseguito l’intervento connotato da colpa medica, occorre riportarsi alla recente giurisprudenza di legittimità, la quale ha chiarito che il nuovo riparto di responsabilità tra quella contrattuale della struttura e quella extracontrattuale del medico, previsto dall’articolo 7 comma 3 della legge Gelli-Bianco, non opera retroattivamente (Cass. n. 28994/2019). Pertanto, nella fattispecie per cui è processo occorre riferirsi al regime del riparto di responsabilità tra medico e struttura nel periodo antecedente alla riforma.

Ciò posto, si osserva che, con riferimento a tale periodo, la responsabilità risarcitoria si presume concorrente e paritaria tra medico e struttura, ex artt. 1298 comma 2 e 2055 comma 3 c.c., anche in caso di colpa esclusiva del medico (così come accaduto nel caso che qui occupa); ed in tale caso la rivalsa della struttura è possibile solo “negli eccezionali casi di inescusabilmente grave, del tutto imprevedibile ed oggettivamente improbabile devianza” dal programma condiviso della tutela della salute che è oggetto dell’obbligazione, poiché la struttura accetta il rischio connaturato all’utilizzazione di terzi per l’adempimento della propria obbligazione contrattuale (Cass. n. 28987/2019).

Pertanto non essendo revocabile in dubbio che nel caso di specie non possa essere configurata una “devianza” da parte del medico dal programma condiviso di tutela della salute, dovendosi ritenere sussistente una tradizionale ipotesi di colpa medica, la casa di cura ed il medico devono ritenersi paritariamente responsabili; con la conseguenza che X.  potrà ripetere dal medico, ed in particolare dalla Z. quale sua erede, solo la metà di quanto pagato all’attore in dipendenza della presente sentenza per somma capitale, interessi e rivalutazione.

c) Va invece rigettata la richiesta di manleva azionata da parte convenuta nei confronti della propria assicurazione, atteso che l’Assicurazione ha provato sia che la franchigia prevista è superiore al danno, sia che comunque la garanzia non opera allorquando, così come nel caso che qui occupa, l’intervento è stato eseguito da un medico non in rapporto di dipendenza o parasubordinazione con la struttura assicurata.

A fronte di tali argomentazioni difensive, nulla la convenuta ha replicato, con la conseguenza che la domanda di manleva va rigettata.

d) Per quanto concerne infine le spese di lite, occorre distinguere i vari rapporti processuali.

Nel rapporto tra l’attore A. e la convenuta X. , l’accoglimento della domanda attorea per un importo pari a solo poco più del 4,4% di quello domandato (ed in particolare, per € 7.317,57 rispetto ad una domanda di € 163.639), integra una forma di soccombenza reciproca, ciò che giustifica la compensazione di metà delle spese di lite (cfr. Cass. n. 21564/2018, Cass. n. 10113/2018, Cass. n. 21569/2017, Cass. n. 16270/2017, Cass. n. 3438/2016, Cass. n. 22871/2015, Cass. n. 281/2015, Cass. n. 21684/2013, Cass. n. 134/2013, Cass. n. 22388/2012 e Cass. n. 22381/2009 in ordine alla configurabilità della soccombenza reciproca, non solo nel caso di accoglimento di una sola delle plurime domande azionate, ma anche di accoglimento di soli alcuni capi di un’unica domanda, ovvero di accoglimento dell’unica domanda per un importo inferiore sotto il profilo quantitativo da quello domandato). La rimanente metà è posta a carico della comunque soccombente parte convenuta ed a favore della comunque vittoriosa parte attrice, liquidata come da dispositivo con riferimento al D.M. n. 55/2014, tenendo a mente il valore medio per ciascuna delle quattro fasi di studio, di introduzione, istruttoria e decisoria, e tenendo altresì a mente che lo scaglione di riferimento è quello relativo al decisum e non già al disputatum (art. 5 comma 1 DM n. 55/2014, nonché Cass. Sez. Un. n. 19014/2007, Cass. n. 3996/2010, Cass. n. 226/2011, Cass. n. 2274/2015).

Le spese di lite della terza chiamata Assicurazione possono essere compensate, rinvenendosi le gravi ed eccezionali ragioni di cui all’articolo 92 comma 2 c.p.c. così come rimodulato a seguito della sentenza di Corte Costituzionale n. 77/2018, sia nel fatto che è stata disattesa l’argomentazione principale in relazione alla inesistenza di colpa medica addebitabile alla struttura assicurata; sia nel fatto che la prima ragione dell’inoperatività della copertura risiede nell’esistenza di una cospicua franchigia, con oggettiva difficoltà di quantificare ante causam se il risarcimento dovuto potesse o meno essere superiore al tale franchigia stessa.    

Sempre ai sensi dell’articolo 92 comma 2 c.p.c. possono essere compensate anche le spese di lite tra la convenuta X.  e la contumace terza chiamata Z., in ragione di una sostanziale reciproca soccombenza, tenuto conto che è stata disattesa la domanda di X.  di ritenere il dottor Santi, dante causa della Z., unico responsabile nei confronti dell’attore; e che è invece stata sancita la pari responsabilità delle parti nella causazione del danno.

Infine, le spese di CTU, già liquidate in corso di causa con il separato decreto di cui a dispositivo, possono essere definitivamente poste a carico dei due soggetti ai quali è stata addebitata la colpa medica, e cioè X.  Hospital e Annalisa Z. quale erede del dottor Santi.

 

P.Q.M.

il Tribunale di Reggio Emilia in composizione monocratica

definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza disattesa

condanna X.  Hospital s.p.a. a pagare a A. D. € 7.317,57, oltre interessi legali dal 1/6/2012 al saldo;

condanna Annalisa Z. a rifondere a X.  Hospital s.p.a. la metà delle somme pagate a A. D. in dipendenza della presente sentenza, per cifra capitale, interessi e rivalutazione;

condanna X.  Hospital s.p.a. a rifondere a A. D. la metà delle spese di lite del presente giudizio, che liquida per tale metà in € 2.400 per compensi, € 393 per esborsi, oltre IVA, CPA e rimborso spese forfettarie come per legge, compensando tra le parti la rimanente metà delle spese;

compensa le spese di lite di Y. Europe Limited;

compensa le spese di lite nel rapporto tra X.  Hospital s.p.a. e Annalisa Z.;

pone le spese di CTU, già liquidate in corso di causa con separato decreto 5/2/2019, definitivamente a carico di X.  Hospital s.p.a. e Annalisa Z., in solido tra loro nei rapporti esterni ed in via parziaria nei rapporti interni.

Reggio Emilia, 19/2/2020

Il Giudice

Dott. Gianluigi Morlini