Diritto Civile


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 22680 - pubb. 13/11/2019

Responsabilità della pubblica amministrazione per vizio costruttivo o manutentivo di strade

Cassazione civile, sez. III, 15 Ottobre 2019, n. 25925. Pres. Travaglino. Est. Francesca Fiecconi.


Vizio costruttivo o manutentivo che renda la "res" inidonea alla funzione protettiva - Responsabilità della P.A. per violazione delle regole di comune prudenza - Configurabilità - Fattispecie



La responsabilità della pubblica amministrazione per una "res" che presenti un vizio costruttivo o manutentivo che la renda inidonea alla funzione protettiva cui dovrebbe assolvere può derivare non solo dall'inosservanza di specifiche norme prescrittive di standard di sicurezza, ma anche dalla violazione di regole di comune prudenza. (In relazione al sinistro occorso ad un automobilista uscito di strada a causa del ghiaccio presente sulla carreggiata e del cedimento del parapetto che la fiancheggiava, la S.C. ha confermato la sentenza di merito cha aveva ritenuto sussistente la responsabilità dell'ente proprietario della strada in ragione dell'accertata inidoneità della barriera protettiva a contenere gli urti dei veicoli anche a basse velocità). (massima ufficiale)


 


ORDINANZA

RILEVATO

che:

1. Con ricorso notificato il 15 gennaio 2018 il Comune di Bagni di Lucca ricorre per la cassazione della sentenza della Corte di appello di Firenze, n. 2216/2017, emessa il 11.10.2017, notificata il 15.11.2017, che ha accolto l'appello principale di T.V. e l'appello incidentale dell'INAIL, condannando il Comune convenuto al risarcimento dei danni alla persona, pari a Euro 297.282, subiti dall'attore in data 3 febbraio 2011, allorquando aveva perso il controllo della sua vettura a causa della presenza di fondo ghiacciato sulla strada comunale ed era precipitato da un ponte risultato privo di idoneo parapetto. Le parti intimate hanno notificato separati controricorsi nei termini indicati in epigrafe. Le parti presentavano ulteriori memorie.

 

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, il Comune ricorrente deduce la mancata considerazione di fatti da cui desumere la mancanza di un'effettiva situazione di controllo sulla res da parte del Comune, e dunque l'impossibilità del Comune, per l'estensione del territorio sottoposto alla sua vigilanza, di avere un effettivo controllo della strada periferica, soprattutto per il formarsi del ghiaccio sulla strada in stagione invernale; nella seconda parte del motivo denuncia ex art. 360 c.p.c., n. 3 la violazione degli oneri probatori in relazione all'art. 2051 c.c., sull'assunto che in tale caso non dovesse profilarsi una situazione di custodia inerente a una strada extraurbana, data l'estensione dei luoghi e la non imputabilità di violazioni di norme sulla sicurezza di carattere speciale, ratione temporis non riferibili a costruzioni risalenti a un periodo antecedente, e che la responsabilità della p.a. fosse da valutarsi ex art. 2043 c.c. e non sotto lo spettro dell'art. 2051 c.c..

1.1. I motivi sono inammissibili o infondati per quanto di ragione.

1.2. La motivazione resa dalla Corte in punto di pericolosità della res da cui trae origine la responsabilità della pubblica amministrazione da omessa custodia della strada comunale ex art. 2051 c.c. si fonda su una ricostruzione dei fatti che ha condotto il Giudice dell'appello a ritenere che "è altamente probabile che, in assenza di altre possibili ricostruzioni dell'evento, il ghiaccio sia stato la causa dello sbandamento (della vettura) e conseguentemente dell'urto contro il parapetto che ha poi ceduto". In particolare la Corte d'appello ha considerato il profilo del nesso causale e della pericolosità intrinseca della cosa in custodia rilevando che "in ogni caso...anche considerando la sola prestazione del parapetto, questo debba ritenersi elemento sufficiente per fondare la responsabilità del Comune", facendo riferimento alle conclusioni del CTU che ha ritenuto che i) la barriera non era a norma, essendo notevolmente inferiore a un indice di severità di 40 km/h, e dunque inferiore del 64% rispetto a quella di una barriera di minima sicurezza; ii) la ringhiera di protezione, dai calcoli effettuati....non aveva caratteristiche tali da potere contenere urti di veicoli anche a basse velocità e quindi era inadeguata secondo le normative vigenti riportate nella CTU; iii) il Comune non aveva provato il comportamento colposo del conducente del veicolo rimasto vittima del sinistro, idoneo ad escludere o concausare l'evento. Ha ritenuto quindi sussistere la prova della responsabilità della p.a. da omessa custodia in concreto, e non in astratto, ex art. 2051 c.c., con un ragionamento in cui risulta preponderante la valutazione della intrinseca inidoneità dei parapetti a reggere l'impatto di veicoli a basse velocità, mettendo in risalto il pericolo intrinseco che da essi derivava in relazione alla "assoluta insufficienza del mezzo di prevenzione", che lo poneva "come causa prima dell'evento dannoso", al di là di tutti gli altri fattori considerati.

1.3. Affinchè la P.A. possa essere ritenuta esente dalla responsabilità di cui all'art. 2051 c.c. per i danni causati da beni demaniali, occorre avere riguardo, non solo e non tanto, all'estensione di tali beni o alla possibilità di un effettivo controllo su essi, quanto piuttosto alla causa concreta (identificandosene la natura e la tipologia) del danno. Se, infatti, quest'ultimo è stato determinato da cause intrinseche alla cosa (come il vizio costruttivo o manutentivo), l'amministrazione ne risponde ai sensi dell'art. 2051 c.c.; per contro, ove l'amministrazione - sulla quale incombe il relativo onere - dimostri che il danno sia stato determinato da cause estrinseche ed estemporanee create da terzi (come ad esempio la perdita o l'abbandono sulla pubblica via di oggetti pericolosi, la condotta colposa dello stesso utente infortunato), non conoscibili nè eliminabili con immediatezza, neppure con la più diligente attività di prevenzione dei rischi, essa è liberata dalla responsabilità per cose in custodia in relazione al citato art. 2051 c.c. (cfr. Sez. 30 - Ordinanza n. 1257 del 19/01/2018; Sez. 3, Sentenza n. 15042 del 06/06/2008).

1.4. La responsabilità della pubblica amministrazione può dunque concretizzarsi nella violazione di regole di comune prudenza in relazione ai rischi concreti inerenti a una res - quale un parapetto non idoneo a reggere un impatto a basse velocità - che presenti un vizio costruttivo o manutentivo che la renda inidonea alla funzione protettiva che dovrebbe avere -, e non solo nella violazione di norme precettive derivanti da norme speciali che impongano particolari standard di sicurezza (Cass. - 3 sez. 10916/2017; Cass. sez. 3, n. 22801/2017), in quanto sarebbe contrario ad ogni principio di rilievo costituzionale e civilistico - di solidarietà sociale, di buona amministrazione della res pubblica e del neminem laedere - considerare che il livello di protezione per gli utenti della res pubblica possa mutare a seconda dell'applicabilità o meno ratione temporis delle norme di sicurezza primarie o secondarie immesse nell'ordinamento a loro protezione, come ad esempio quelle di cui al D.M. n. 223 del 1992 relative al grado di capacità minima dei parapetti delle strade pubbliche a reggere gli urti, con la conseguenza che in quest'ultimo caso la pubblica amministrazione possa disinteressarsi della sicurezza degli utenti.

1.5. Passando all'esame delle singole censure, la deduzione in termini di vizio motivazionale si rivela inammissibile per come è stata posta, per insufficiente indicazione di "come e dove" le circostanze che si adducono come omesse (quali il tratto su cui era presente il ghiaccio e la condotta imprudente assunta dal conducente del veicolo precipitato dal ponte che non aveva messo le catene) siano state dedotte e non considerate mentre, nella lunga trattazione a sostegno del motivo, si coglie piuttosto l'intento di indurre il giudice di legittimità a riconsiderare circostanze di fatto già valutate dal giudice del merito alla luce di una diversa qualificazione della responsabilità sotto lo spettro dell'art. 2043 c.c. e non dell'art. 2051 c.c. (Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 19985 del 10/08/2017).

1.6. Per quanto riguarda la dedotta violazione degli oneri probatori gravanti sull'attore e di errata valutazione delle prove, anche in tema di responsabilità ex art. 2051 c.c., nonchè delle norme sulla valutazione delle prove (artt. 115 - 116 c.p.c.), il profilo del nesso causale ex art. 2051 c.c. è stato considerato facendo riferimento alle conclusioni del CTU che ha ritenuto la barriera posta al ciglio della strada sul ponte non idonea a contenere un impatto anche a basse velocità, oltre che non rispettosa delle più recenti norme di sicurezza. In mancanza di prova circa una condotta di guida imprudente della vittima, la responsabilità della pubblica amministrazione per omessa custodia della strada comunale si fonda sulla complessiva valutazione del materiale probatorio acquisito, secondo un apprezzamento delle circostanze, affidato al giudice di merito, insindacabile in sede di legittimità qualora le considerazioni siano logiche e congruenti, come è dimostrato nel caso concreto (Cass. sez. 3, n. 16540/2012).

3. Con il secondo motivo si denuncia, ex art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione dell'art. 346 c.p.c. riguardo alla statuizione circa la rinuncia implicita, per mancata riproposizione, della domanda subordinata di manleva proposta dal Comune nei confronti della propria compagnia assicuratrice, ritenuta dalla Corte d'appello non formalmente reiterata in sede di costituzione del Comune. Il Comune ricorrente deduce che la Corte d'appello non ha considerato che, al fine di evitare inutili ripetizioni, aveva richiamato per relationem tutte le argomentazioni svolte nel giudizio di primo grado, e che su tale domanda di garanzia la stessa parte chiamata si era difesa in appello, assumendo conclusioni incompatibili con la posizione di chi ritenga di non dovere prestare la garanzia (appoggiando la tesi del Comune proposta in via di appello incidentale condizionato circa l'applicabilità della responsabilità ex art. 2043 c.c. al caso in esame).

3.1. La Corte d'appello ha ritenuto non sufficiente "quanto si legge in sede di comparsa" vale a dire che la parte appellata "in omaggio al principio dell'effetto devolutivo dell'appello" abbia riproposto "tutti i motivi, le eccezioni e le argomentazioni riportate negli scritti difensivi", includendovi la domanda di garanzia in carenza di qualsiasi altro cenno alla domanda del giudizio di primo grado.

3.2. Innegabilmente nelle conclusioni riportate nell'atto di costituzione di appello manca ogni riferimento esplicito alla domanda di garanzia su cui il giudice di primo grado non si era pronunciato per effetto del rigetto della domanda. L'art. 346 c.p.c. recita testualmente che le domande non espressamente riproposte in appello si intendono rinunciate. Si tratta difatti di "fatti" e "pretese" rientranti nel "thema probandum" e nel "thema decidendum" del giudizio di primo grado che avrebbero dovuto essere specificamente richiamate, anche se non costituenti oggetto di appello incidentale (Cfr. da ultimo Sez. U -, Sentenza n. 7940 del 21/03/2019 per quanto riguarda le domande riconvenzionali o di garanzia subordinate non esplicitamente o implicitamente rigettate nel primo grado di giudizio, rimaste assorbite).

4. Conclusivamente, il ricorso viene rigettato, con ogni conseguenza in merito alle spese.

 

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il Comune ricorrente alle spese, liquidate in Euro 5000,00 oltre Euro 200,00 per spese, spese forfettarie al 15% e oneri di legge, a favore delle parti resistenti separatamente costituite.

Ai sensi delD.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 30 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 15 ottobre 2019.